+39 0884 512368 +39 3386693612 mikylomuto@gmail.com

Dott.Prof. Michele Lomuto

Articoli Giornalistici

Sindrome della bocca urente (cos'è e cosa fare) - Diagnosi & Terapia 2021, n.1, pag.32-35

La sindrome della bocca urente è stata descritta per la prima volta da Fox nel 1935. Nota anche come
burning mouth syndrome (BMS), sindrome della bocca che brucia, sindrome della lingua che brucia,
glossodinia, stomatodinia, stomatopirosi, disestesia orale, dolore idiopatico orofacciale, ecc., può
manifestarsi in forma idiopatica o primitiva ed in forma secondaria o acquisita.
La BMS è una patologia dolorosa, cronica, psicologicamente debilitante, capace di incidere anche
gravemente sulla qualità della vita del soggetto, colpisce dallo 0,7 al 18% della popolazione adulta con
variazioni anche notevoli secondo etnia e geolocalizzazione della popolazione in studio (In Italia si calcola
che ne soffra circa 1.500.000 di persone), ma anche in base ai diversi criteri diagnostici utilizzati da i diversi
studiosi nelle loro ricerche. Essa colpisce prevalentemente il sesso femminile, soprattutto in epoca
postmenopausale tra i 50 ed i 70 anni d’età (in questa fascia di popolazione si calcola che ne soffra dal 18 al
33% secondo le diverse statistiche); non è mai stata osservata nei bambini o negli adolescenti.
Entrambe le forme di BMS, idiopatica e secondaria, sono caratterizzate dalla comparsa improvvisa di una
sensazione di bruciore di intensità quanto mai variabile da soggetto a soggetto, localizzato alla cavità orale
nella sua totalità in assenza di lesioni visibili; meno frequente la localizzazione a singoli settori dell’apparato
buccale come la lingua (in tal caso si parlerà specificatamente di glossodinia o glossopirosi), le labbra, le
gengive, il palato, la gola, la superficie interna delle guance. Possibile, ma meno frequente, il manifestarsi
della sindrome con una sensazione di punture di spillo, prurito, dolore, formicolio. In alcuni casi è possibile
rilevare l’associazione con altri sintomi quali mal di testa, dolori delle articolazioni temporomandibolari,
dolori dei muscoli masticatori, dei muscoli del collo, dei muscoli delle spalle, ecc.
La sensazione di bruciore generalmente dura tutta la giornata ma, anche se con minor frequenza, può
manifestarsi con l’alternarsi di crisi di bruciore e periodi di benessere (e ciò soprattutto in concomitanza
con i pasti e/o il sonno) o comparire solo dopo il risveglio per accentuarsi nel corso della giornata. Sulla
base delle variazioni giornaliere della sintomatologia algica la BMS è stata suddivisa in tre sottogruppi:
tipo 1 (35%): il dolore si manifesta rigorosamente tutti i giorni; spesso assente al mattino, compare durante
il corso della giornata accentuandosi progressivamente (spesso legato a carenze nutrizionali, diabete,
malattie autoimmuni, ecc.)
tipo 2 (55%): il dolore ha una frequenza quotidiana e dura tutto il giorno (legato soprattutto ad uno stato
ansioso cronico)
tipo 3 (10%): il dolore ha un andamento intermittente manifestandosi solo alcuni giorni, con periodi anche
piuttosto prolungati di benessere, e spesso coinvolge sedi inusuali (legato prevalentemente ad allergia ad
essenze ed additivi degli alimenti).
Soprattutto nella forma idiopatica, la sensazione di bruciore può associarsi alla sensazione di bocca secca
(xerostomia), alterazione delle sensazioni gustative (disgeusia), parestesia, disestesia.
Fattori predisponenti della MBS sembrano essere precedenti di affezioni respiratorie, interventi
odontoiatrici, stati d’ansia, depressione, allergie alimentari, stress emotivi, radio e/o chemioterapia, ecc.
Circa i meccanismi patogenetici, soprattutto nella forma idiopatica, molte sono le ipotesi (menopausa,
ipotesi neuropatica, ecc.) ma non vi è ancora alcuna certezza.
La diagnosi di forma idiopatica, non essendovi alcun esame specifico che la certifichi, può essere formulata
solo allorché si riscontri l’impossibilità di evidenziare una qualsiasi causa scatenante, nonostante la più
accurata indagine clinico-anamnestica ed il più ampio panel di indagini ematochimiche e strumentali.
L’esame istologico da prelievo bioptico non fornisce dati utili alla diagnosi.
La forma acquisita o secondaria può essere provocata da una miriade di situazioni patologiche quali:
secchezza delle mucose (o xerostomia; nell’età avanzata è, questo, un fenomeno di frequente
osservazione), riduzione della salivazione (come nella sindrome di Sjogren), sensibilizzazione allergica da
contatto (componenti delle protesi e/o delle otturazioni dentarie, dei colluttori, dei dentifrici, ecc.), allergie
alimentari(soprattutto essenze ed additivi quali acido ascorbico, acido benzoico, acido nicotinico,
cinammonio, glicole propilenico, ecc.), micosi (come la candidosi orale), batteriosi, virosi, assunzione di
farmaci (quali antistaminici, beta bloccanti, antidiabetici, neurolettici, antiretrovirali, ecc.), diabete mellito,
carenze vitaminiche (B1, B2, B6, B12), deficit nutrizionali (zinco, ferro, folati, ecc.), infezione da Helicobacter
Pilory, reflusso gastro-esofageo, traumatismi ripetuti (da protesi dentarie o da spazzolamento troppo
energico della lingua e/o delle gengive), diabete, patologie tiroidee, malattie endocrinologiche, stato
anemico, fenomeni depressivi, stress emotivo, patofobie (dal greco πάϑος= sofferenza e φόβος=paura:
paura della sofferenza, paura delle malattie), disordini ossessivo-compulsivi, fibromialgia, lichen planus

orale, pemfigo delle mucose, afte orale, ecc. Frequentemente la sindrome, sia idiopatica sia acquisita, si
associa ad alterazione delle sensazioni gustative con sensazione di amaro o metallico in bocca (disgeusia).
Le alterazioni delle sensazioni gustative (disgeusia), che possono andare dalla riduzione (ipogeusia) sino alla
totale assenza di queste (ageusia, dal greco α privativa e ϒευσια= gusto), rappresentano una eventualità da
non sottovalutare poiché possono portare all’anoressia, e ciò in particolare nei soggetti anziani. Infatti, il
soggetto sofferente è portato ad ipoalimentarsi, o addirittura a rifiutare il cibo, sia per la perdita del gusto
di mangiare sia per il timore che il cibo scateni o acuisca la sintomatologia dolorosa.
La sintomatologia algica viene facilmente accentuata dal contatto delle mucose con alcool, cibi caldi e/o
speziati e/o piccanti, cibi a contenuto acido (limone, pomodoro, ananas, ecc.), bevande acide e/o gassate,
fumo di tabacco, menta, cannella, arance ed agrumi in genere, caffè, ecc. che quindi devono essere
assolutamente evitate.
La malattia, con il suo decorso cronico che può durare mesi o anche molti anni (mediamente 2-3 anni),
facilmente induce un permanente stato di irritabilità, insonnia, depressione, inibizione ai rapporti
interpersonali, ecc. La risoluzione del problema a volte si manifesta con la improvvisa regressione
spontanea della sintomatologia (circa 3%), ma più spesso (circa 30-50% dei casi) si ha nel tempo soltanto
una certa attenuazione.
Allo stato attuale delle conoscenze non esistono linee guida per il trattamento della BMS sia idiopatica sia
acquisita, per cui molto conta l’esperienza del medico e la sua capacità di discernere tra la forma realmente
primitiva e la forma secondaria. Imprescindibile a tale scopo un accurato esame obiettivo che evidenzi
l’assenza di qualsiasi patologia obiettivabile, una approfondita indagine anamnestica circa le patologie in
essere o subite in passato dal soggetto in esame. Il medico esaminatore, inoltre, non deve assolutamente
trascurare di indagare anche i vissuti del soggetto quali il reale o presunto isolamento fisico dall’entourage
familiare (sindrome del nido vuoto), presunta inadeguatezza fisica e/o sessuale (molto frequente
soprattutto, ma non solo, nel sesso femminile in epoca menopausale), subita astinenza sessuale, perdita
del ruolo sociale (tipica del pensionato, indipendentemente dal suo livello socio-culturale), ecc.
La terapia della forma idiopatica vera è sinceramente povera di rimedi efficaci. Si possono utilizzare gli
antistaminici (non arrendendosi al primo tentativo giacché gli antistaminici non hanno tutti la stessa
efficacia e l’esito del loro utilizzo è strettamente legato all’interazione farmaco-singolo individuo), gli
ansiolitici (se lo stress, l’ansia, la depressione non sono la causa prima del problema, facilmente ne sono
comunque la conseguenza e per tanto questo tipo di terapia può risultare di una qualche utilità), la
psicoterapia. I colluttori cortisonici sono generalmente di scarsa utilità, mentre i prodotti anestetici locali
possono se non altro dare un qualche temporaneo sollievo. La saliva artificiale può dare beneficio nel caso
di bocca secca (xerostomia). Alcuni autori hanno tratto la BMS con la terapia di Fotobiomodulazione
tramite laser diodi. In alcuni casi è stata utilizzata l’agopuntura.
La medicina popolare utilizza cubetti di ghiaccio da sciogliere in bocca (il freddo riduce la sensibilità delle
mucose e l’acqua le idrata); miele e latte freddo (inducono una certa sensazione di benessere); Aloe vera,
olio di lavanda, ecc.
Nel caso della forma secondaria è fondamentale affrontare (e possibilmente risolvere) i problemi e/o le
patologie citate in precedenza che possono sottendere alla BMS, predisponendo un adeguato panel di
indagini biochimiche e strumentali e, se è il caso, una consulenza da parte di uno psicologo clinico (no
psichiatra!). Dal punto di vista terapeutico diretto al trattamento del “sintomo bocca urente”, a scopo
coadiuvante, ci si può avvalere degli stessi rimedi visti per la forma idiopatica o primaria; bisogna inoltre
prestare particolare attenzione all’igiene orale ed alle modalità della sua effettuazione e non tralasciare di
proscrivere in maniera assoluta l’assunzione di cibi e bevande che possono scatenare la crisi algica. In caso
di secchezza del cavo orale va prestata particolare attenzione alla quantità e qualità dei liquidi
quotidianamente assunti ed utilizzare la saliva artificiale. Nelle donne va valutato l’eventuale utilizzo della
ormonoterapia sostitutiva.
In entrambe le forme di BMS il coinvolgimento del paziente nella scelta del percorso sia diagnostico sia
terapeutico, è un elemento fondamentale per una gestione positiva della patologia. In alcuni casi, in fine, il
sostegno psicologico da parte di personale qualificato, in affiancamento ed a sostegno dell’opera del
dermatologo, può rivelarsi l’elemento determinante per il conseguimento del successo terapeutico.

Sole Prevenzione Tumori - in "Farmacista e Medico in soccorso del Cliente" corso FAD 2020, Diagnosi & Terapia Ed. p.265-278

Prof. Michele Lomuto, già PrimarioDermatologo IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza –
San Giovanni Rotondo (FG) – già Docente a Contratto Scuole di Specializzazione in Dermatologia
delleUniversitàCattolicadelSacroCuorediRoma,G.D’Annunzio diChieti,A.MorodiBari
Specialista in Dermatologia e Venereologia, Allergologia ed Immunologia Clinica

www.dermatologomichelelomuto.com – mikylomuto@gmail.com-
cell. 3386693612 – 3288692245 – Tel. 0884.512368

Studio: Via Santa Restituta, 7 – Manfredonia e Via Cardassi, 49 – Bari

img_1

Il sole, dai tempi più remoti, è stato adorato come un Dio grazie alle sue indubitabili azioni positive quali il risveglio della natura dopo la pausa invernale, il fiorire delle piante ed il loro mettere le foglie, il risveglio di alcune specie animali in letargo, e così via. Ma anche sul nostro corpo non mancano gli effetti positivi, gradevoli, gratificanti e certamente utili quali il senso di benessere psico-fisico conseguente ad una fotoesposizione (dovuto, tra l’altro, alla liberazione di endorfine da parte del calore trasmessoci dalle sue radiazioni), la gratificante abbronzatura (dal punto di vista medico barriera difensiva dai danni indotti dalle radiazioni solari, nell’immaginario comune utile a renderci belli e socialmente accettabili), la produzione di Vitamina D3 (indispensabile per il benessere del sistema scheletrico, dei muscoli, del sistema nervoso, dell’equilibrio immunologico, ecc.), ecc.
Ma noi oggi sappiamo che il sole si comporta come un Giano bifronte giacché a fronte delle citate azioni positive ne contrappone numerose altre fortemente negative quali la induzione dei tumori cutanei (carcinoma baso e spinocellulare, melanoma, ecc.) e la produzione di Radicali Liberi. Gli effetti negativi della fotoesposizione possono essere divisi in acuti (ustione, collasso, colpo di calore, edema cerebrale, ecc.) e cronici (depressione del sistema immunitario, invecchiano precoce della pelle, produzione di lesioni precancerose, lentigo maligna, ecc). Le Radiazioni Ulraviolette (RUV) in particolare rappresentano uno dei principali elementi causali nella genesi dei tumori cutanei, e del melanoma in primis, dovute alla loro penetrazione nello spessore della cute: gli UVB vengono assorbiti essenzialmente a livello epidermico e gli UVA a livello dermico, la luce visibile attraversa epidermide e derma, iraggi infrarossi raggiungono l’ipoderma ed i tessuti più profondi. Gli UV-A in particolare danneggiano i sistemi di riparazione del DNA e le strutture cellulari con effetto cumulativo, per cui il danno indotto da una elioesposizione stagionale non viene mai del tutto riparato durante la stagione invernale e perdura per tutta la vita, accumulandosi

anno dopo anno. Effetto finale, ma non statico, di ciò è il fotoinvecchiamento e la possibile insorgenza dei tumori cutanei. E’ questo il motivo per cui è assolutamente sconsigliabile mantenere in inverno l’abbronzatura estiva con l’esposizione alle RUV artificiali, aggiungendo così danno al danno. La cute ha bisogno di riposare! Una bella abbronzatura si paga, dunque, con un danno cutaneo permanente. Se la gente non ignorasse questo applicherebbe senza esitazione le poche e semplici regole di una attenta fotoprotezione (e quindi prevenzione!)

Ma il modello culturale di tipo pseudo “igienistico-edonistico” imperante impone un “ritorno alla natura” e l’esibizione costante di uno “stato di benessere psicofisico (ed economico)”, di cui una bella abbronzatura è il simbolo più evidente. Di qui l’incremento delle attività ricreative all’aperto e l’esposizione la più prolungata possibili alle radiazioni solari anche nei mesi invernali o, non avendo la possibilità economica di recarsi in paesi tropicali, ricorrendo ai lettini abbronzanti.

L’arrivo dell’estate, poi, fa esplodere in maniera particolare la smania per la “tintarella” ad ogni costo, ottenuta in tempi brevissimi (i classici 15 giorni delle ferie estive).

Ma oggi sappiamo queste modalità amplificano i rischi di danni da sole. Con la presunzione, poi, da parte di molti di sapere tutto (gli esperti la chiamano “illusione della conoscenza”) su come evitare i danni indotti dalle RUV naturali (sole) o artificiali (solarium), il problema fotoesposizione viene comunemente affrontato con grande leggerezza e senza nessun controllo dermatologico preventivo. Veramente utile sarebbe,

img-lomuto-3

invece, un colloquio con il proprio dermatologo per farsi dare le “istruzioni per l’uso”, giacché la maggior parte della popolazione si limita a sapere che è bene applicare gli schermanti solari, ma ignora come questi ultimi vanno scelti e come e quando vanno applicati, e che è preferibile non esporsi nelle ore più calde della giornata (dalle 10 alle 16, ma spesso ignora l’effetto dell’ora solare!).

La quasi totalità delle persone ignora, ad esempio, che l’esposizione alle RUV dopo l’assunzione ol’applicazione sulla cutediprodottifarmaceutici(antistaminici, ipoglicemizzanti orali, antibiotici, antimicotici, anticoncezionali, diureticitiazidici, antidepressivitriciclici,simvastatina,sulfasalazopirina, ecc),alimentieloroestratti(carota gialla, cedro, fico, finocchio, limone, mostarda, ruta, sedano, ecc.), piante e loro estratti (lattuga, radicchio, cicoria, carciofo, camomilla, calendula, ecc.),

Dott. Michele Lomuto

o anche di sostanze di  uso comune (eosina,oliodibergamotto,fluoresceina,muschiodiambret- ta, ecc.) possono indurre la comparsa di reazioni fotoallergiche o fototossiche. Oltre a ciò, bisogna ricordare che numerose sono le patologie che possono essere indotte e/o aggravate e/o scatenate dall’esposizione alle radiazioni ultraviolette. Così, mentre acne volgare, psoriasi, dermatite atopica edermatite seborroica possono essere scatenate o aggravate dalla foto esposizione, i portatori di albinismo, dermatomiosite, eritema polimorfo, eruzione polimorfa da luce, herpes simplex, infezioni virali, lupus eritematosus, orticaria solare, pemfigo, porfiria cutanea tarda, acne rosacea, vitiligine, ecc. devono sostanzialmente evitare le RUV (naturali o artificiali che siano).

Fondamentale perché la fotoprotezione risulti efficace è che essa venga effettuata accuratamente e costantemente dalla primissima infanzia alla vecchiaia. Le statistiche invece dimostrano che essa viene fatta, sia pure in maniera discontinua ed inadeguata, più dalle donne che dagli uomini.

Soprattutto in questi soggetti non è mai sufficientemente sottolineato come essa vada praticata anche in pieno inverno, poiché alle nostre latitudini gli UVA sono presenti tutto l’anno in quantità pressoché costante, mentre gli UVB sono pressoché assenti nei mesi invernali.

Divieto assoluto alla fotoesposizione vige per i portatori di xeroderma pigmentoso. Una prevenzione efficace dei possibili danni indotti dal sole prevede due momenti fondamentali: uno istituzionale ed uno individuale. A livello istituzionale dovrebbe essere effettuata attraverso la creazione di zone d’ombra all’aperto nei siti in cui la gente tende a stazionare come, ad esempio, in prossimità di spazi dedicati ad attività ludiche (campi di calcio o da tennis, piscine, ecc.), luoghi d’attesa (fermate d’autobus o altro), tracciati per jogging, footing ecc., ed adottando adeguate misure legislative per la protezione dei lavoratori all’aperto. A livello personale una fotoprotezione ben effettuata deve essere il risultato della combinazione di tre elementi:

1) riduzione della elioesposizione,

2) protezione mediante abbigliamento (cappellino, T-shirt, occhiali da sole),

3) applicazione adeguata dei filtri solari sulle sedi fotoesposte.

La riduzione della fotoesposizione è conseguibile evitando di esporsi al sole dalle 10,00 alle 16,00 (ma attenzione all’ora legale!), applicando in strato non troppo sottile preparatischermanti anti UV-A e UV-B (e possibilmente anche anti-infrarosso) circa mezz’ora prima dell’esposizione, riapplicando il prodotto ogni 3 ore durante l’esposizione alle radiazioni solari e dopo il bagno o una intensa sudorazione, indossando sempre un cappello che ombreggi il volto, T-Shirt a manica lunga ed occhiali da sole schermanti verso UV-A e UV-B.

Circa l’esposizione al sole dei bambini va rilevato che al di sotto dei 6-12 mesi d’età è preferibile evitare la diretta esposizioni alle radiazioni solari; con il crescere dell’età vanno progressivamente esposti con prodotti a loro dedicati (che cioè tengano conto della fisiologia della cute in età infantile-prepuberale quando la cute, ad es., praticamente non produce sebo) ed utilizzando fattori di protezione dapprima alti e successivamente decrescenti con l’insorgere dell’abbronzatura. Ma anche gli adulti, analogamente ai bambini, non dovrebbero mai esporsi al sole senza protezione ed utilizzando anch’essi i fattori decrescenti di protezione con l’insorgere ed il progredire dell’abbronzatura. Per quanto riguarda i soggetti anziani, va rilevato che per loro l’esposizione al sole dovrebbe essere mai prolungata per il pericolo di insorgenza del “colpo di calore”, date le ridotte capacità di dispersione dello stesso a seguito della riduzione della vascolarizzazione e della funzionalità delle ghiandole sudoripare. Essi devono dunque alternare periodi di esposizione breve a periodi di protezione all’ombra.

Sempre in tema di fotoesposizione è importante ricordarsi che pur stando all’ombra o in acqua ci si abbronza e ci si può ustionare poiché si subisce l’azione lesiva delle radiazioni riflesse (la sabbia riflette oltre il 25% delle radiazioni ultraviolette che raggiungono la superficie terrestre, la neve fresca ne riflette oltre l’80%, ecc.). durante l’immersione in mare non si è affatto protetti, tutt’altro, giacché che i raggi ultravioletti penetrano nell’acqua (a 50 cm di profondità si riceve ancora il 40% delle RUV).

 

Protezione mediante abbigliamento: allorché le radiazioni solari colpiscono l’indumento in parte ne vengono riflesse, in parte assorbite ed in parte lo attraversano, raggiungendo la superficie cutanea. Le capacità protettive dei capi di abbigliamento dipendono direttamente dal tipo di materiale usato (ottima la seta ma non permette una buona traspirazione, bene il cotone), dalla trama (deve essere piuttosto fitta, tale da non permettere il passaggio delle RUV attraverso i pori del tessuto), dal colore (il bianco respinge pressoché totalmente le radiazioni solari, il nero le assorbe), dal peso, dall’eventuale trattamento schermante subito, dallo stato di usura (i lavaggi ripetuti e l’uso logorano il tessuto riducendone le capacità difensive), dallo stato fisico (l’indumento bagnato è meno protettivo). Nell’ottica della prevenzione sarebbe utile che tutti gli indumentifossero corredati dell’UPF (Ultraviolet Protection Factor),Vasotto- lineato a tal proposito che il fattore UPF si riferisce ad un test di laboratorio effettuato in condizioni ideali su un capo nuovo, ma le capacità protettive, come già detto, decadono con l’usura, con il lavaggio, con il tempo di esposizione alle radiazioni solari e con l’essere sono asciutti o bagnati al momento dell’uso.

  Gli occhiali da sole originariamente avevano solo il compito di filtrare la quantità di luce che colpisce l’occhio, perridurre in qualche modo l’abbagliamento. In realtà, oggi, hanno anche e soprattutto il compito di difendere le strutture oculari dai danni indotti dalle radiazioni solari, e dalle RUV A e B in particolare (la cataratta, ad esempio, risente molto dell’azione lesiva delle  RUV). La capacità della lente di ridurre la quantità di luce che raggiunge l’occhio senza alterare i colori viene indicata con una numerazione da 1 a 4. Da tenere presente che l’utilizzo di quest’ultimo, ottimo sulla neve, è proibito durante la guida poiché non permette una buona visione in condizioni normali. Circa la protezione dalle RUV le lenti in commercio, nel rispetto delle normative CEE ed USA, devono avere subito un adeguato trattamento schermante contro gli UV-A e gli UV-B (trattamento che deveesseresegnalato sulla confezionecommerciale). Perottenereunmiglioreaffetto antiabbagliante, in fine, è bene utilizzare lenti a luce polarizzata, indicato sulla confezione con la lettera P.

 

Da sottolineare che l’uso di lenti non schermate, riducendo la quantità di luce che raggiunge l’occhio, costringe la pupilla a dilatarsi per avere una buona visione. Da ciò, la penetrazione di una quantità di RUV superiore a quella che si riceverebbe se non si usassero occhiali da sole. Schermanti solari: Inizialmente predisposti per prevenire le ustioni solari, e quindi mirate a prevenire o ridurre il danno da UVB (prevalentemente eritemigeni), attualmente trovano largo impiego nella prevenzione dei danni solari, dal fotoinvecchiamento alle neoplasie cutanee, senza impedire l’effetto abbronzante e permettendo di sfruttare l’effetto terapeutico diparticolari lunghezze d’onda in particolari situazioni patologiche (dermatite atopica, psoriasi, dermatite allergica da contatto, ecc.). Essi andrebbero inclusi tra i farmaci, avendo lo scopo specifico

di “proteggere la struttura e la funzione del tegumento umanodal danno attinico”. La reale efficacia di questiprodotti nella prevenzione delle neoplasie è generalmente accettata, pur con qualche raro dissenso. Considerato che le RUV che raggiungono la superficie cutanea comprendono sia gli UVB (290-320 nm), sicuramente dannosi in quanto eritemigeni ed ustionanti, sia gli UVA (320-400 nm), il cui ruolo lesivo appare oggi sempre più certo soprattutto in tema di oncogenesi (cheratosi attiniche, epiteliomi baso e/o

spinocellulari, melanoma, ecc.), e poiché le diverse sostanze utilizzate come schermante presentano ciascuna picchi di assorbimento per particolari lunghezze d’onda, gli attuali schermi solari sono costituiti da una miscela di sostanze aventi lo scopo di ampliare le capacità schermanti del prodotto finito allo spettro più ampio possibile (UVA, UVB ed a volte Infrarosso), per ridurre i danni da RUV pur senza perderne gli

effetti benefici. Per essere bene accettato ed adeguatamente utilizzato lo schermante solare deve avere: buona solubilità, facile reperibilità, basso costo, sicura atossicità, buona accettabilità cosmetica (in termini di colore, odore, spalmabilità, ecc.), fotostabilità e resistenza all’azione del calore e dell’acqua. A tal proposito va ricordato che la sudorazione, i bagni, il calore, disciolgono il prodotto (anche nei prodotti definiti di massima resistenti all’acqua) e che l’azione della luce lo degrada. Quindi, per otte- nere una valida protezione, è necessario applicare il prodotto circa mezz’ora prima della fotoesposizione e reiterarne l’applicazione ogni 2-3 ore circa, applicandone ogni volta una quantità non inferiore a 2mg/cm2 (praticamente non stendere troppo il prodotto). Per fotoesposizione, è bene chiarirlo e sottolinearlo, non si intende solo lo stare sdraiati al sole in riva al mare ma anche svolgere le normali attività fuori le mura domestiche (uscire per fare shopping, stendere i panni, ecc.). Buona norma, poi, è quella di applicare un prodotto dopo sole al rientro dal mare per il manteni mento di un buon trofismo cutaneo.

Le capacità schermanti di un prodotto vengono indicate con un valore SPF (Sun Protection Factor), che generalmente indica le capacità protettive del prodotto contro gli UVB. Esso viene ottenuto in laboratorio applicando 2mg o ml di prodotto per cm2 e rappresenta, grossolanamente, un fattore di moltiplicazione: se, ad esempio, alla prima esposizione la cute dopo un minuto inizia ad arrossarsi, con fattore 15 ciò avverrà dopo 15’, con fattore 30 dopo 30’ e così via. E’ stato osservato che lariduzione della quantità applicata riduce significativamente il Fattore di Protezione, mentre l’aumentare la quantità non eleva detto fattore. Le capacità protettive per gli UVA vengono indicate con le sigle IPD (Immediate Pigment Darkening) e PPD (Persistent Pigment Darkening). Alcuni prodotti vantano azione protettiva verso l’infrarosso con la sigla IR senza altre indicazioni.

Nell’ottica di un risparmio economico troppo spesso si osserva l’utilizzo di preparazioni autoprodotte secondo formule e metodologie fantasiose, che nulla hanno di scientifico. Essi sono assolutamente da proscrivere per il grosso rischio di ustioni anche gravi, dato che questi prodotti contengono quantità imprecisate ed imprecisabili di fotoattivatori, e vengono usati senza alcun controllo e senza alcuna delle indicazioni precauzionali presenti nei prodotti commerciali.

La scelta dello schermante solare viene generalmente fatta sulla base della suggestione pubblicitaria, del costo, della notorietà dell’azienda produttrice, ecc. Tutti elementi non guidati dalla razionalità, che possono portare a conseguenze spiacevoli o comunque non rispondenti alle aspettative. Una attenta ed oculata scelta del prodotto in relazione al soggetto, che tenga conto del tipo di cute, del fototipo, dell’età, dell’eventuale stato di atopia, delle eventuali sensibilizzazioni da contatto, ecc. Alla luce delle attuali conoscenze in campo dermocosmetologico rende del tutto improbabile l’insorgenza di eventuali effetti collaterali. Circa la temuta carenza di Vitamina D3 per l’uso protratto ed esteso ad ampie superfici cutanee di schermanti solari ad alto fattore di protezione, va detto che non sembra che questo sia un pericolo reale in quanto si è osservato che per sopperire al fabbisogno quotidiano di vitamina D3 è sufficiente l’esposizione del viso, collo, mani per 5’ al dì, e che i pretesi effetti negativi negli anziani siano piuttosto da attribuire a carenze alimentari (anoressia senile).

Come abbiamo visto la foto esposizione richiede cautela e consapevolezza per evitare di trasformare la ricerca di piacere in tragedia. L’uso corretto di un buon schermante solare, una corretta fotoprotezione ed il seguire scrupolosamente alcune semplici ma fondamentali regole permette di fruire degli effetti benefici prevenendo, o almeno riducendo, i danni indotti dal sole.

 

REGOLE PER UNA CORRETTA FOTOESPOSIZIONE E LA PREVENZIONE DELLE NEOPLASIE CUTANEE

  • evitare l’esposizione alle radiazioni solari nel periodo di maggiore irraggiamento, e cioè tra le ore 10,00 e le 16,00 (N.B.: tenere conto dell’ora legale)
  • esporsi al sole gradualmente ad evitare le ustioni solari
  • applicare i prodotti protettivi con le radiazioni ultraviolette solari (creme, latti spray, lozioni) in strato non troppo sottile, 30 minuti prima di esporsi al sole
  • riapplicare i prodotti protettivi ogni 2-3 ore durante tutto il periodo di esposizione al sole, subito dopo il bagno (anche quelli a più alta resistenza all’acqua), specie se in acqua vi è stata intensa attività fisica, e /o dopo una abbondante sudorazione
  • usare gli schermanti solari anche stando all’ombra: le superfici circostanti quali acqua, sabbia, cemento, prato, roccia, neve, ecc., sia pure con percentuali differenti, riflettono le Radiazioni Ultraviolette emesse dal sole
  • applicare i prodotti schermanti anche con cielo velato (le nubi attenuano ma non annullano l’irraggiamento della superficie terrestre)
  • usare particolare attenzione nelle giornate ventilate (venendo eliminata la sensazione di bruciore aumenta il rischio di ustione)
  • indossare sempre all’aperto cappello, indumenti a manica lunga, pantaloni lunghi ed occhiali da sole con lenti schermanti verso le Radiazioni Ultraviolette A e B. Usare tessuti leggeri, che lascino traspirare, ma che abbiano una trama piuttosto fitta.
  • usare gli schermanti solari anche in acqua: a 50 cm di profondità il 40% delle radiazioni solari è ancora presente
  • usare gli schermanti solari in montagna: la rarefazione dell’aria comporta una riduzione della filtrazione delle Radiazioni Ultraviolette (<4% per 300m. di dislivello), e quindi il rischio di ustioni è maggiore.
  • evitare di esporsi in prossimità di superfici altamente riflettenti quali acqua, neve fresca (riflette >80%) ecc.: aumentano le possibilità di ustione
  • evitare le esposizioni intense in tempi brevi (classica iperabbronzatura in 15gg di ferie)
  • evitare di esporsi dopo applicazione e/o assunzione di sostanze chimiche che possono potenziare l’azione del sole quali: profumi, deodoranti, prodotti contenenti bergamotto, farmaci (tetracicline, sulfamidici, anticoncezionali, ecc.)
  • evitare l’esposizione al sole dopo trattamenti di peeling chimici
  • evitare di mantenere l’abbronzatura estiva con l’esposizione ai lettini abbronzanti in inverno
  • assumere liquidi durante l’esposizione al sole, evitando gli alcoolici
  • i soggetti a rischio (lavoratori all’aperto, soggetti a cute chiara o che abbiano già avuto tumori cutanei, ecc.) devono applicare quotidianamente gli schermanti solari anche nei mesi invernali. In caso di reazione allergica allo schermante solare, sostituire il preparato con prodotti che utilizzino molecole differenti.

Problematiche dermatologiche dell’anziano Diagnosi & Terapia - 2019 n.7 pag. 38-42

Il trascorrere del tempo, lo stile di vita (abitudini alimentari, assunzione di alcool, tabacco, sedentarietà, stress emotivi, ecc.), i fattori ambientali (caldo, freddo, vento, umidità, esposizione cronica o occasionale alle radiazioni ultraviolette naturali e/o artificiali, ecc.), agendo su ogni organo o apparato oltre che sulla cute, impongono al nostro soma variazioni quali-quantitative (fibre elastiche, fibrille del collagene, fibroblasti, ceramidi, riserve di Selenio, Zinco, ecc. ) e funzionali (ghiandole sudoripare eccrine ed apocrine, ghiandole sebacee) che portano gradualmente alla realizzazione del tipico aspetto senescente. Se tutti gli esseri viventi invecchiano, non tutti invecchiano nella stessa maniera. Infatti, nel fenomeno invecchiamento un ruolo estremamente significativo, non trascurabile, viene svolto dal proprio assetto genetico. L’invecchiare sicuramente comporta l’insorgenza di problemi fisici, estetici, psicologici, sociologici che intersecandosi tra loro concorrono in maniera univoca nel determinare il concetto di “vecchio” ed il fenomeno “vecchiaia”. Essi, pertanto, non vanno e non possono essere trascurati allorché si voglia affrontare il problema salute, inteso modernamente come benessere globale, benessere psico-fisico. In ciò un ruolo significativo viene svolto dal dermatologo, e dal dermocosmetologo in particolare, in quanto esperto dei problemi della cute che, non dimentichiamolo, è il primo e più importante mezzo di comunicazione empatica tra il proprio Io ed il mondo eterno.

Circa l’invecchiamento della cute (cute senile), questo deve essere distinto in invecchiamento intrinseco (o crono-invecchiamento o invecchiamento biologico) ed invecchiamento estrinseco (o foto-invecchiamento o dermatoeliosi). In realtà una distinzione netta tra gli effetti delle due modalità di invecchiamento cutaneo è pressoché impossibile, dato che le sedi fotoesposte invecchiano sia sotto la spinta del tempo sia per esposizione ai fattori ambientali. Isolare, poi, zone di puro crono-invecchiamento è reso ancora più difficile dagli attuali stili di vita che impongono la massima esposizione all’aperto, in nome di un salutismo male interpretato e, soprattutto nella stagione estiva, hanno ridotto al minimo possibile l’uso di abbigliamento coprente (topless, tanga, mini-tanga, hot-pants, ecc. sino al nudismo integrale) rendendo fotoesposte zone corporee ben coperte sino a non molto tempo addietro. 

Il crono-invecchiamento è rilevabile nella sua forma pura nella parte supero-interna delle braccia e dei fianchi ed ai glutei (zone usualmente protette dall’azione delle radiazioni solari), il foto-invecchiamento sul resto del corpo (volto e superficie dorsale delle mani in particolare).

Nel crono-invecchiamento la cute si presenta assottiglia, grinzosa, xerotica, ruvida, ipoelastica, finemente desquamante, piuttosto opaca, pallida, di colorito uniformemente giallastro.  Al volto si osserva la presenza di fini rughe piuttosto superficiali. Nel foto-invecchiamento, ed in particolare al volto, décolleté, superficie estensoria degli avambracci, dorso mani e collo, la cute si presenta rugosa, assottigliata, marcatamente ipoelastica, di consistenza aumentata, di colorito arancione; compaiono modificazioni di colore (macchie   senili, leucodermia a coriandolo, ecc.); le rughe, e quelle di espressione soprattutto, si presentano particolarmente marcate e restano ben evidenti alla distensione della cute, contrariamente a quelle del crono-invecchiamento che invece tendono ad appiattirsi e rendersi poco o nulla evidenti. Queste modificazioni sono particolarmente marcate nei soggetti cronicamente esposti ai fattori climatici (marinai, agricoltori, alpinisti, muratori, ecc.), e negli gli adoratori della tintarella ad ogni costo ed in ogni tempo. Nel foto-invecchiamento si assiste, in definitiva, soprattutto ad una accentuazione dei fenomeni propri del crono-invecchiamento. Nel considerare l’aspetto senescente soprattutto del volto e delle mani non va dimenticato come nella sua realizzazione concorrano, oltre le modifiche proprie della cute, le modificazioni degli apparati scheletrico (riassorbimento con riduzione delle capacità di sostegno), muscolare (atrofia o ipertrofia di alcuni gruppi muscolari) e del tessuto adiposo. 

Con l’avanzare dell’età la cute può presentare numerose espressioni ciniche che nulla hanno a che fare con le patologie tumorali, e che quindi possiamo considerare parafisiologiche. Pur turbando psicologicamente ed accentuando la personale idea di “vecchiaia” non presentano, in linea di massima, pericolo quoad vitam

 

Adenomi sebacei senili di Hirschfeld

Si manifestano come papule rotondeggianti, generalmente ombelicate al centro, di colorito variabile da quello della cute normale al roseo, al giallastro, localizzate prevalentemente alla fronte, in numero varabile, generalmente isolate tra loro. Sono dovute in parte all’ipertrofia delle ghiandole sebacee ma soprattutto all’atrofia del tessuto circostante.

 

Angiocheratomi dello scroto

Si manifestano in forma di rilevatezze di colorito variabile dal rosso-porpora al nerastro, di piccole dimensioni (una lenticchia ed anche meno), a superficie liscia o coperta da una modesta ipercheratosi, spesso leggermente pruriginose, in numero quanto mai variabile

 

Angioma aracniforme (spider nevus, angioma stellato)

Si presenta come un piccolo lago vascolare, di colore rosso rubino, da cui dipartono sottili angectasie capillari con una disposizione che ricorda le zampe di un ragno. Possibile insorgenza in età infantile, in gravidanza, a seguito di assunzione di contraccettivi. L’insorgenza in età adulta, specie se compaiono numerosi ed in tempi ristretti, devono fare sospettare la presenza di una cirrosi epatica. 

 

Angioma senile (o lago venoso)

Si presenta al labbro inferiore in età senile e si presenta come una rilevatezza rotondeggiante, cupoliforme, di colorito rosso-bluastro, della grandezza di un pisello circa.

 

Angiomi rubino

Possono comparire in qualsiasi età, ma tendono ad essere sempre più numerosi con l’avanzare degli anni. Si presentano come una rilevatezza rotondeggiante, di piccole dimensioni (1-3mm), di colorito rosso a tonalità variabile, si localizzano prevalentemente al tronco (ma è possibile rilevarli anche agli arti). Soprattutto per traumatismo possono dare luogo ad un modesto, e mai pericoloso, sanguinamento. Possibile l’insorgenza, anche di numerosi elementi, in gravidanza ma una eruzione improvvisa di un elevato numero di angiomi rubino impone lo studio della situazione epatica (cirrosi, epatopatia alcoolica?).

 

Cheratosi seborroiche

Sede di elezione la fronte, le tempie ed il tronco. Le lesioni si presentano come escrescenze grossolanamente rotondeggianti, di dimensioni variabili, di colorito variabile dal grigio al nerastro, a superficie untuosa, irregolare, mammellonata. A volte la loro comparsa è preceduta o associata a sensazione di prurito/vellichio. Assolutamente non rientrano nel capitolo delle precancerosi.

 

Cheratosi attinica (o cheratosi senile o cheratosi solare)

Causata prevalentemente dalla cronica esposizione alle radiazioni solari, si localizza al cuoio capelluto (soprattutto nei calvi), al volto, al decollétè, ma è possibile osservarla anche alle braccia ed al dorso delle mani. Si manifesta come una neoformazione rotondeggiante, rilavata sul piano cutaneo, a superficie verrucosa, di colorito bruno o grigiastro, soggettivamente asintomatica, può ulcerarsi ed evolvere in carcinoma spinocellulare.

 

Componente Pilifera

Nell’anziano la componente pilifera subisce modificazioni differenti secondo il sesso ed il tipo di pelo. I capelli in tutti divengono più radi soprattutto fra i 30 e i 50 anni (si calcola che a 65 anni gli uomini non affetti da calvizie abbiano il 20% di capelli in meno rispetto a quelli che avevano a 25 anni) e dalla fine dell’adolescenza si assiste ad un progressivo arretramento della linea frontale d’attacco, molto più marcato nel sesso maschile; dopo i 65 anni la produzione di forfora si riduce e praticamente tutti hanno i capelli grigi; la velocità di crescita tende a rallentare dopo i 70 anni. Nell’uomo i peli delle sopracciglia, delle narici e del meato uditivo aumentano di lunghezza e di numero, mentre tendono a diradarsi i peli della barba. Nel sesso femminile dopo i 65 anni, soprattutto per la modificazione dei rapporti ormonali tra estroprogestinici e testosterone, aumenta il numero dei peli del labbro superiore, delle guance e del petto, mentre tende a diradarsi la componente pilifera del capillizio (ma nettamente meno che nel sesso maschile), delle ascelle e del pube.

 

Cutis romboidalis nuchae (o cute losangica della nuca di Jadasson)

La cute della nuca si presenta notevolmente ispessita, di consistenza piuttosto molliccia, di colorito brunastro o giallastro, solcata da numerose e profonde ruche che intersecandosi tra di loro formano figure geometriche di tipo romboidale. Si manifesta prevalentemente nei soggetti che sono stati lungamente e cronicamente esposti alle radiazioni solari.

 

Dermatoglifi

La riduzione del connettivo e del sottocutaneo porta, con l’avanzare dell’età, alla riduzione dei dermatoglifi.

 

Dermatoporosi

Condizione che colpisce circa il 30% della popolazione over 60. Per le modificazioni strutturali insite nell’avanzare dell’età, ed in particolare per il ridursi dell’acido ialuronico naturale, associate all’esposizione cronica alle radiazioni ultraviolette, a terapie cortisoniche prolungate, e ad una predisposizione genetica, la cute degli avambracci, dorso mani e gambe si assottiglia e diviene atrofica, fragile, facilmente lesionabile, compaiono numerose chiazze color porpora frammiste a pseudocicatrici biancastre di forma stellare. Se ne riconoscono quattro stadi che vanno dalle normali manifestazioni del foto-invecchiamento sino alla formazione di ematomi e necrosi cutanea. 

 

Eczema craquelé

Si localizza alle gambe e si manifesta con una cute opaca, anelastica, arrossata, desquamante, tendente alla formazione di ragadi. L’uso di saponi troppo acidi e/o troppo aggressivi su una cute tendenzialmente secca ne è la causa più frequente.  

 

Elastoidosi a cisti e comedoni di Favre e Racouchot

Più frequente nel sesso maschile rispetto al femminile, generalmente bilaterale, si localizza alle regioni temporali, periorbitarie e zigomatiche (ma possibile anche al mento, ai lati del naso e sulle palpebre).  Clinicamente è caratterizzata da un fitto disseminio di formazioni cistiche giallastre, dure, di dimensioni variabili sino ad un pisello, a volte confluenti, spesso centrate da un grosso comedone, riposanti su una cute diselastica.

 

Elastosi diffusa di Dubreuilh

Si manifesta con chiazze di cute molto ispessita, molliccia, sollevata in numerose pliche, a superficie mammellonata, di colorito tendente all’avorio, localizzate alle guance, fronte e dorso delle mani.

 

Eritrosi interfollicolare di Leder (chicken skin)

La cute delle regioni laterocervicali si presenta moderatamente arrossata, solcata da fini teleangectasie e con presenza di micropapule a localizzazione follicolare. La cute assume, dunque, un aspetto che ricorda la pelle del pollo spennato (di qui la definizione di chicken skin) o la pelle d’oca. Possibile la localizzazione alla nuca ed il prolungarsi dai lati del collo verso lo sterno. Alla base di queste modificazioni sembra esserci l’età, le radiazioni solari, una terapia cortisonica per via sistemica, disturbi neurovegetativi e l’uso topico di profumi (agirebbero da fotoattivatori) sembrano essere possibili cause scatenanti.

 

Fibromi penduli

Si presentano come piccole escrescenze peduncolate, di colorito variabile dal marroncino al grigio-bruno, di dimensioni e numero estremamente variabili, si localizzano più frequentemente al tronco, soggettivamente asintomatiche. Qualora la pigmentazione brunastra dovesse tendere a debordare dai margini del peduncolo verso la cute circostante, la lesione va asportata chirurgicamente ed esaminata istologicamente poiché potrebbe trattarsi di un melanoma (casistica personale).

 

Ipomelanosi idiopatica guttata (Leucodermia lenticolare, leucodermia a coriandolo)

Colpisce soprattutto le donne dopo i 40 anni. Si localizza prevalentemente agli avambracci ed alle gambe (zone cronicamente esposte alle radiazioni ultraviolette) e si presenta con un disseminio di piccole chiazzette bianche (5mm di diametro circa), a margini netti, soggettivamente asintomatiche. Sono più evidenti in estate con l’abbronzatura. Esse derivano da un danneggiamento dei melanociti (cellule addette alla produzione della melanina) e sono generalmente conseguenza di una errata esposizione al sole, perpetrata negli anni. Microtraumi ripetuti, come l’uso di alcune cerette depilatorie, possono in alcuni casi essere l’elemento causale. Vanno poste in diagnosi differenziale con la vitiligine (ma all’occhio del dermatologo esperto è questa una diagnosi differenziale veramente facile).

 

Macchie senili

Si localizzano soprattutto al dorso delle mani ed al volto; si presentano come macchie color caffè-latte, grossolanamente rotondeggianti, di dimensioni variabili (solitamente pochi millimetri), stabili nel tempo. Volgarmente sono note come “macchie di fegato”, ma in realtà il fegato non è assolutamente in causa.

 

Melanosi di Dubreuilh-Hutchinson (Lentigo maligna)

Si manifesta solitamente dopo i 60 anni e si presenta come una chiazza di forma irregolare, a contorno frastagliato ma margini netti, caratterizzata dalla presenza contemporanea di più colori, dal rossastro al marrone al nero. Localizzata prevalentemente sulle guance (ma è possibile osservarla anche alle mani ed alle gambe) presenta un accrescimento lento ed una evoluzione pressoché obbligata verso il melanoma.

 

Odore personale

Le variazioni quali-quantitative delle ghiandole sudoripare eccrine e apocrine e delle ghiandole sebacee (soprattutto), oltre ad influire significativamente sull’idratazione cutanea e sulla funzione barriera della cute, determinano variazioni dell’odore personale che, con gli anni, tende a divenire acre. Nella variazione senile dell’odore, possono indubbiamente influire le variazioni qualitative del regime alimentare, l’assunzione di farmaci, la tipologia e la frequenza dell’igiene personale, la presenza di patologie quali il diabete (odore fruttato di mele vecchie), linfoadenite tubercolare (odore di birra stantia), epatopatia (odore di uova marce), ecc.

 

Otofima

Una o entrambe le orecchie si presentano ingrossate in maniera variabile da soggetto a soggetto, sino ad essere deformato. Ciò è dovuto all’ipertrofia di numerose ghiandole sebacee in associazione con una marcata iperplasia del tessuto connettivo. 

 

Pelle citrina di Milian 

Si manifesta con chiazze di cute giallastra, plicata e quadrellata ed una particolare evidenza degli sbocchi follicolari che, a loro volta, possono essere centrati da un comedone, localizzate alla fronte, tempie, naso, collo. La pelle assume un aspetto che ricorda quello della buccia di limone, da cui il nome. 

 

Perleche

Manifestazione generalmente dovuta all’alterazione della dinamica masticatoria, si localizza alle commessure labiali (mono o bilaterali). La prima manifestazione è una ragade, a volte dolorosa, che può successivamente complicarsi con la comparsa di eritema e desquamazione. Non è infrequente la sovrapposizione di una candidosi.

 

Poichiloderma di Civatte

L’aspetto caratteristico è dato da un eritema reticolare e zone di dispigentazione localizzati di norma ai lati del collo ma che in alcuni casi possono coinvolgere anche la superficie anteriore, a cravatta. Generalmente è risparmiata la regione sottomentoniera.

 

Porpora senile di Bateman

Localizzata nelle sedi esposte a trauma, e quindi prevalentemente al dorso delle mani, agli avambracci ed alla regione tibiale, si manifesta in forma di petecchie o di vere ecchimosi di estensione e durata variabili. Essa è dovuta alla particolare fragilità dei vasi sanguigni, a sua volta conseguenza delle alterazioni strutturali del tessuto dermo-ipodermico di sostegno; presenta un andamento recidivante. Possibile l’insorgenza dopo traumi anche di modesta entità, ma anche per assunzione di anticoagulanti quali aspirina, eparina, warfarin, ecc. o per trattamenti locali e/o generali a base di cortisonici.

 

Pseudocicatrici stellari spontanee

Localizzate più frequentemente al dorso delle mani e degli avambracci, si presentano come striature atrofiche, biancastre, con andamento ramificato. Dovute a volte a microtraumi spesso inavvertiti dal soggetto (si ricordi la fragilità della cute senile), assumo nel complesso un aspetto similcicatriziale (di qui il nome) e frequentemente si osservano in concomitanza con la Porpora senile di Bateman.

 

Pseudomilio colloide (ialoma cutaneo)

Si manifestano come piccole formazioni cistiche, rilevate sul piano cutaneo, rotondeggianti, della grandezza sino ad un grano di miglio (da cui il nome), di colorito giallastro a tonalità variabile, traslucide, contenenti una sostanza colloidale giallastra, localizzate prevalentemente alla fronte, in numero varabile, generalmente isolate tra loro, sono più frequenti nei soggetti a cute seborroica. Sono dovute in parte all’ipertrofia delle ghiandole sebacee.

 

Prurito senile

La ridotta idratazione cutanea, dovuta almeno in parte alla ridotta funzionalità delle ghiandole sudoripare, determina l’insorgenza di un prurito difficilmente controllabile. Il grattamento ripetuto, pur dando un immediato sollievo, accentua la secchezza cutanea, accentuando quindi il prurito e di qui la necessità di grattarsi. (vedi Prurito senile. In cosa consiste e come affrontarlo – Diagnosi & Terapia, 2017, N.3, p.10-13).

 

Rinofima

Il naso si presenta ingrossato in maniera variabile da soggetto a soggetto, sino ad essere profondamente deformato, mostruoso. Ciò è dovuto all’ipertrofia di numerose ghiandole sebacee in associazione con una marcata iperplasia del tessuto connettivo. 

 

Smoker’s face (faccia del fumatore)

Descritta per la prima volta nel 1971, tipica dei forti fumatori, si caratterizza per la presenza di rughe che si irradiano a 90° dalle labbra e dagli occhi, fisionomia scarna, carnagione irregolare ed un colorito grigiastro della cute. A ciò si associa l’odore di tabacco della cute e degli abiti, la pigmentazione giallastra delle dita e delle unghie delle mani. 

 

Unghie

In età senile le unghie divengono più friabili, si assottigliano, il bordo libero si ispessisce, la lunula tende ad ampliarsi, la superficie diviene bombata, opaca, pallida (per riduzione della vascolarizzazione del letto ungueale) e striata longitudinalmente; la velocità di crescita settimanale si riduce dagli 0,75mm a 20-29 anni agli 0,50mm a 80-89. A carico delle unghie dei piedi (prevalentemente gli alluci) nel soggetto anziano (soprattutto) è frequente il riscontro dell’onicogrifosi. In questa patologia l’unghia si presenta giallastra, sempre più ispessita, allungata, ricurva su se stessa, il bordo libero tende a penetrare nei tessuti molli. Tra le possibili cause vanno annoverate patologie quali diabete, psoriasi, traumi o microtraumi ripetuti, arteriopatia obliterante, ecc. ma anche scarsa cura della persona soprattutto nel taglio sistemico delle unghie. Ancora, a carico delle unghie si possono osservare modifiche della colorazione naturale quali ad esempio la Terry’s type nail – Neapolitan Nails (unghia biancastra ed opaca nella porzione prossimale, osservabile nel 19% degli anziani), il margine libero può presentarsi fissurato e/o pluristratificato (più frequente nelle donne di mezza età, ma più frequente in entrambi i sessi dopo i 60a.), si può avere una  ipercheratori sottoungueale, la lunula può presentarsi ridotta e mal definita, la plica ungueale ispessita e/o depauperata di anse capillari, possibili le calcificazioni sottoungueali (nel 47% delle donne e nel 14% degli uomini a 80a.) 

Nei soggetti di pelle nera dopo i 50 a. nel 96% dei casi si osserva una pigmentazione longitudinale a banda.

Le nuove frontiere della dermatologia rigenerativa in dermatologia estetica - EPolis Bari - inweek 2019, n.12, p 38

Il problema degli inestetismi cutanei quali smagliature (puberali o postgravidiche), perdita del tono cutaneo (volto, collo, seno, addome, gluei, area genitale femminile, ecc.), cicatrici (chirurgiche, post-traumatiche, da ustione, da acne), cellulite, oggi può essere validamente affrontato in maniera non invasiva e non chirurgica mediante il metodo Biodermogenesi®. Metodo che già utilizzo da un quinquennio, con ottimi risul-tati. E’, questo, un brevetto tutto italiano che nel 2011 è stato selezionato dall’Agenzia italiana per l’Innovazione della Presidenza del Consiglio tra i brevetti italiani a più alto contenuto tecnologico e innovativo. 

Basato sulla combinazione degli effetti biologici indotti da una stimolazione elettrica biocompatibile ad onda quadra, da un campo elettromagnetico di bassa intensità, da una azione meccanica ex vacuo, e dall’utilizzo durante e dopo la seduta di prodotti a base di acido ialuronico, precursori degli aminoacidi, olio di jojoba, olio di mais, ecc, Biodermogenesi® porta alla rigenerazione del tessuto cutaneo contrastando i naturali fenomeni di invecchiamento. Sostanzialmente privo di rischi e con pochissime con-troindicazioni, il trattamento può essere utilizzato su qualsiasi parte del corpo ad ecce-zione delle palpebre, delle ascelle e dei cavi poplitei. 

Nato nel 2005-2006 per il trattamento delle smagliature cutanee, nel 2017 ha subito una ulteriore evoluzione con la richiesta di un nuovo brevetto che tramite l’apparecchio Bi-one®2.0 MD (dispositivo medicale, utilizzabile esclusivamente da un medico) ha permesso di estenderne l’utilizzo alle situazioni di cui all’inizio. 

Le smagliature cutanee con i trattamenti tradizionali ottengono un certo miglioramen-to estetico ma restano prive della capacità di abbronzarsi, mentre con il metodo Bio-dermogenesi®, anche se vecchie di oltre 30 anni, riacquistano la capacità di abbron-zarsi, recuperano elasticità, i margini si appiattiscono, il fondo si solleva. I risultati, cer-tificati, vanno dal buono al totale nel 95% ed insuccesso totale limitato al 5% dei casi. I vantaggi, rilevabili già dopo le primissime sedute, sono stabili nel tempo e non necessi-tano di ulteriori trattamenti.

Mediante Biodermogenesi® è possibile intervenire anche sul recupero del tono cuta-neo e sul ringiovanimento di volto e collo. 

Nel ringiovanimento del volto e del collo si osserva il recuperano della luminosità cuta-nea, l’attenuazione delle rughe, il riempimento degli zigomi, il sollevamento delle so-pracciglia, ecc.; il tutto con un aspetto molto naturale, non artefatto. 

Le applicazioni al seno ne provocano un rassodamento ed un sollevamento, con recu-pero nell’armonia di forma. 

I glutei si rassodano e si sollevano, con evidenti vantaggi sull’eventuale cellulite. 

A livello genitale femminile si osserva un recupero di compattezza ed elasticità tissuta-le e dell’idratazione, con evidenti vantaggi nella quotidianità. 

I risultati ottenuti nel trattamento del tono cutaneo, una volta conseguiti, richiedono una applicazione una volta al mese per il loro mantenimento essendo il risultato delle modificazioni del tono cutaneo dovuti al progressivo ed inarrestabile processo di in-vecchiamento.

Le cicatrici manifestano attenuazione delle discromie e delle rugosità con significativi risultati dal punto di vista estetico e funzionale. 

Contrariamente ai metodi tradizionali, non vi è alcuna limitazione comportamentale. Infatti, anche immediatamente dopo la seduta di trattamento ci si può truccare, in-dossare abbigliamento aderente, esporsi al sole, svolgere attività fisica, ecc. 

Biodermogenesi® è dunque applicabile anche in piena estate.

Ulcere da decubito - Perchè viene e come prevenirla - Diagnosi e Terapia 2019, n.2, p.34-39

L’ulcera da decubito è definibile come “una perdita di sostanza distrettuale dei tessuti molli, conseguente ad ischemia assoluta e persistente”. 

Sede di elezione di questa patologia sono: regione sacrale, glutei, anche, talloni, caviglie, ginocchia, gomiti, schiena, nuca, elice auricolare, secondo le abitudini posturali assunte dal soggetto nella sua quotidianità; quindi, tutti i punti in cui si realizzi una maggiore pressione sulla cute riposante su un piano osseo. Ciò, evidentemente, facilmente può realizzarsi nelle persone lungamente allettate o ipomobili, che utilizzano presidi quali carrozzelle, sedie, ecc., stazionandovi a lungo. Non va poi dimenticato che uno stato di iponutrizione nel soggetto anziano può indurre la comparsa di decubiti: “… bastano 48 ore di digiuno per causare piaghe da decubito non dovute allo stare a letto ma alla malnutrizione e alla mancanza dell’apporto proteico giusto…” (Vincenzo Marigliano)

Si calcola che l’11% dei soggetti ospedalizzati di età superiore a 65 a. vada incontro a tale patologia.                                In pazienti istituzionalizzati l’incidenza supera il 25% di tutti gli ospiti, con gravi (e spesso ingiustificate) sofferenze per i degenti ed aspetti medico-legali ed economici non trascurabili per le istituzioni! 

La conoscenza dei meccanismi patogenetici e delle pratiche preventive e curative (anche con l’ausilio delle spesso costose medicazioni avanzate) del problema “ULCERE”, sicuramente contribuisce alla riduzione sia delle sofferenze fisiche e psichiche dei soggetti affetti (in primis) e dei costi per la comunità. Questi ultimi, sia in termini di costi diretti legati all’assistenza, sia in termini di recupero di produttività del singolo e, di riflesso, dell’azienda Italia.

L’ulcera da decubito è la risultante del sommarsi di due fattori egualmente determinanti: fattori estrinseci (Pressione, Stiramento, Attrito, Macerazione) e fattori intrinseci (Immobilità prolungata, Dismetabolismo generale, Malnutrizione, Età, Ipertermia, Condizioni cardiocircolatorie)

Esaminiamo ora singolarmente i citati fattori estrinseci :

Pressione: E’ questo il principale fattore estrinseco nel determinismo della lesione; Il suo valore varia nel corso della giornata ed in rapporto alla postura, e la sua capacità lesiva è funzione del tempo. Infatti, una pressione distrettuale superiore a 32 mm di mercurio (valore medio della pressione nel distretto arteriolo-capillare), protratta per 90’-120’ e oltre, comporta il collabimento della parete capillare con conseguente ischemia distrettuale. Questa, a sua volta, determina l’aumento della pressione del liquido interstiziale nel sistema capillare (arteriolare e venulare), la comparsa dell’edema, l’accumulo dei cataboliti dovuti all’anaerobiosi ed all’acidosi tissutale, e quindi la necrosi tissutale localizzata (e cioè, l’ulcera da decubito). Le linee di trasmissione della pressione hanno forma di cono rovesciato con apice sulla cute e base sul piano osseo sottostante; dunque, è a questo livello che si realizza il maggior danno, ed è questa la causa per cui l’ulcera in profondità è più ampia di quanto appaia in superficie.   

Attrito: La frizione della cute con una superficie di contatto induce abrasione degli strati superficiali dell’epidermide. Ciò, con la riduzione dell’attività fibrinolitica del derma, rende il tessuto più vulnerabile alla necrosi da pressione

N.B.: Le frizioni di alcool, in passato praticate a scopo antisettico, iperemizzante ed iperossigenante, in realtà rendono la cute più suscettibile ai traumi. Infatti, la rimozione dello strato corneo aumenta la TEWL (Transepidermal Water Loss) con conseguente accumulo di liquidi in superficie. 

Stiramento: Spesso conseguenza di una errata postura di stazionamento, si realizza allorché una o più superfici scivolino progressivamente l’una sull’altra. La trazione dei tessuti molli superficiali ancorati dalle fasce muscolari profonde induce la formazione di microcoaguli intravasali (microtrombi), l’ostruzione e/o l’ angolazione e/o la recisione dei piccoli vasi.  La risultante è la necrosi dei tessuti, e di quelli profondi in particolare.

Macerazione: è indotta dal ristagno di feci, sudore, liquidi di lavaggio o disinfezione mal rimossi.                        Questi elementi riducono la funzione barriera della cute; l’ambiente umido e le variazioni di pH favoriscono la penetrazione dei batteri; l’irritazione e la flogosi conseguenti rendono la cute più suscettibile all’ischemia. Particolare attenzione deve essere posta alla qualità delle coperture protettive dei materassi che spesso, non permettendo la traspirazione, accentuano la sudorazione e/o il ristagno dei liquidi, inducendo e/o favorendo la macerazione. Proteggono il materasso ma non proteggono il paziente!!! Analoga considerazione va fatta per alcuni tipi di cosiddetti materassini antidecubito.

Passando ora ad esaminare i fattori intrinseci vediamo che:

Immobilità prolungata: E’ uno dei principali fattori intrinseci, in quanto causa della compressione localizzata. Può verificarsi per alterazione dello stato di coscienza, uso di psicofarmaci, riduzione della soglia del dolore (diabete, lebbra, ecc.), turbe psichiche, artropatie gravi, amputazioni, lesioni midollari, lesioni del SNC (Sistema Nervoso Centrale) o del SNP (Sistema Nervoso Periferico), involuzione cerebrale senile, ecc. Ciascuno di questi elementi può portare al mantenimento di posizioni incongrue per tempi prolungati. Anche alcune patologie neurologiche possono portare all’immobilità prolungata.

Dismetabolismi:ipoalbuminemia, ipoproteinemia, leucopenia possono entrare nel determinismo delle ulcere da decubito. L’ipoalbuminemia, ad esempio, induce una riduzione della pressione osmotica provocando l’insorgenza di edema e questi, a sua volta, determina la riduzione della diffusione di ossigeno a livello cellulare.

Malnutrizione: la gravità delle lesioni ulcerative è generalmente correlabile all’entità del deficit nutrizionale. Si calcola che il 70% dei pazienti con piaghe da decubito ed il 55% di quelli a rischio di svilupparle presentano un quadro di malnutrizione per ridotto apporto di nutrienti, per cattivo assorbimento o per aumentata richiesta. L’anziano ha le stesse necessità nutrizionali del giovane, ma numerosi fattori psicologici (sindrome del nido vuoto, perdita del ruolo sociale, solitudine, emarginazione, sensazione di inutilità, ecc.), associati a turbe quali le alterazioni delle sensazioni gustative, cattiva dentizione (e quindi difficoltà alla masticazione), portano spesso il soggetto anziano a trascurare l’alimentazione e chi lo assiste a fornirgli inappetibili “pappine” per favorirne la deglutizione. Tutto ciò facilmente porta al troppo spesso misdiagnosticato fenomeno dell’Anoressia senile.

Età (invecchiamento):con l’avanzare dell’età la cute si assottiglia, il turnover cellulare si riduce, le fibre elastiche e collagene subiscono modificazione, il numero e l’attività dei fibroblasti vanno incontro ad una certa riduzione. Di qui le ridotte capacità della cute di rispondere agli stimoli lesivi e di riparare il danno mediante cicatrizzazione. A ciò si aggiunga che con l’età le alterazioni fisiologiche del microcircolo cutaneo comportano una ridotta diffusione dei fattori trofici e nutrizionali ed il sistema immunologico manifesta una riduzione delle capacità di risposta immunitaria. Con l’età, in fine, le terminazioni nervose dimostrano una ridotta percezione delle sensazioni nocicettive indotte dalla pressione prolungata. Il soggetto, dunque, non ha la percezione esatta del disagio indotto dal giacere lungamente (oltre i già citati 90’-120’) nella stessa posizione, soprattutto se scorretta, e non sente o avverte molto meno la necessità di cambiarla. 

Ipertermia e condizioni circolatorie:L’eventuale aumento della temperatura corporea comporta un aumento delle richieste metaboliche, cui possono sommarsi l’aumento della viscosità ematica e/o la riduzione della pressione arteriosa. Elementi, questi, che ostacolano la diffusione dell’ossigeno a livello cellulare. Ma l’ipertermia corporea può comportare un aumento della sudorazione e questa, se non rimossa prontamente, innescare il fenomeno già citato della macerazione.

Le lesioni da decubito nella loro evoluzione attraversano diversi stadi che vanno riconosciuti per la elaborazione di un corretto piano terapeutico. Per la valutazione di queste lesioni esistono diverse modalità  di Classificazione, ma tutte le suddividono in 4 stadi che in linea di massima possono essere così sintetizzati:

1 stadio: la cute si presenta arrossata, eventualmente moderatamente edematosa ed indurita. L’eritema non regredisce alla digitopressione, ma scompare in breve tempo alla eliminazione dello stimolo pressorio.                                                         2 stadio: si osserva perdita di sostanza superficiale (lieve abrasione); possibile la presenza di vescicola o bolla                                           

3 stadio: si evidenzia una ulcera che tende ad espandersi in larghezza e profondità, con interessamento dei tessuti sottocutanei. La lesione tende ad essere più ampia in profondità che in superficie, per la già citata distribuzione a forma di cono rovesciato delle forze di pressione con base sul piano osseo. Il rischio di  infezione dell’ulcera è piuttosto elevato.                               

4 stadio: il fenomeno ulcerativo giunge ad interessare muscoli ed, eventualmente, tendini ed ossa (possibile l’insorgenza di una setticemie)

 

Complicanzepossibili sono rappresentate da: 

  • Infezioni: Agenti più frequentemente in causa sono: Clostridium, Stafilococco, Streptococco, E. coli, Pseudomonas aeruginosa. La piaga presenta un orletto edematoso e cianotico, essudato abbondante (talora maleodorante), febbricola; nei casi più gravi possono aversi flemmone e stato settico. 
  • Osteiti e osteomieliti: La cute che ricopre l’arto si presenta arrossata, edematosa, tesa, dolente (artrite settica, pioarto)
  • Ascessi saccati: La proliferazione batterica sotto i bordi della lesione induce colliquazione tissutale; per progressione fra gli interstizi muscolari possono aversi raccolte purulente a distanza
  • Degenerazione carcinomatosa: evenienza piuttosto rara, si presenta come ulcera vasta e profonda a bordi e fondo vegetanti. Il tempo di latenza perché un’ulcera evolva in lesione neoplastica è molto lungo (media 22 a.), il tipo clinico è di Carcinoma squamocellulare.In fase preventiva è assolutamente necessario procedere ad una accurata valutazione delle situazioni di rischiorelative al singolo caso su cui intervenire:
  • presenza di eventuali patologie metaboliche
  • presenza di eventuali problematiche cardiovascolari
  • stato di nutrizione del soggetto 
  • stato nutrizionale della cute
  • condizioni psichiche 
  • livello socioculturale

Condizioni, queste, che vanno assolutamente valutate e corrette, in quanto tutte in grado di influire fortemente nella realizzazione dello stato ulcerativo e, una volta realizzato, di interferire in maniera significativa sulle possibilità e sui tempi di guarigione. 

Da ciò deriva che per una buona prevenzione, e per un buon successo terapeutico in caso di ulcera, sono  indispensabili alcune Regole per una buona prevenzione e correzione dei fattori di rischio:

  • Migliorare la vascolarizzazione
  • Migliorare l’ossigenazione dei tessuti
  • Cambiare la posizione ogni 90’-120’               
  • Utilizzare presidi antidecubito (Cuscini e materassini al silicone, ad esempio)        
  • Riduzione o eliminazione delle forze di pressione, trazione o sfregamento attraverso una esatta postura che elimini la tensione muscolare e l’ostacolo al ritorno venoso, soprattutto a livello degli arti                            
  • Utilizzo di materiali di contenimento e di protezione, ma che non esercitino pressione continua   
  • mobilizzazione muscolare profonda
  • riposo su piani morbidi 
  • postura adeguata, che rispetti la patologia del paziente e tenga conto delle sporgenze ossee sottostanti
  • detersione mediante acqua tiepida (l’aumento della temperatura accentua l’effetto sgrassante proprio dell’acqua) e detergenti non eccessivamente acidi, non irritanti, e non sgrassanti 
  • asciugatura per tamponamento e non per sfregamento
  • Dopo la detersione applicare olii, idratanti, emollienti, preparati a base lipidica (aiutano a mantenere l’elasticità della cute)
  • eliminazione di ogni piega e cucitura della biancheria personale e del letto

 E’ bene, inoltre, evitare: 

  • impacchi con creme e pomate: impediscono la perspiratio insensibilis aumentando il rischio della macerazione
  • utilizzo di sostanze alcooliche: riducono lo strato lipidico di rivestimento dell’epidermide
  • contatto diretto della pelle con tele cerate o di gomma: aumentano la temperatura cutanea, impediscono la perspiratio insensibilis, accentuano la sudorazione ed aumentano il rischio della macerazione
  • la pressione delle coperte sulla superficie cutanea.

Conclusioni

Le ulcere da decubito sono causa di enormi sofferenze fisiche e psicologiche per il paziente e di notevole dispendio economico per il SSN e per la società in generale, sia in termini di assistenza diretta (personale, strutture adeguate, presidi terapeutici, ecc.) sia di mancata produttività del paziente. Un corretto utilizzo delle moderne conoscenze in tema di prevenzione ed una loro corretta applicazione può ridurre in maniera significativa i casi di ulcera da decubito, con riduzione della popolazione sofferente e notevoli risparmi economici per il SSN. Il corretto utilizzo dei moderni presidi terapeutici ed assistenziali nel trattamento delle lesioni da decubito (utili, necessari, ma notevolmente costosi in termini assoluti: la salute non ha prezzo ma ha un costo), possono permettere una notevole riduzione dei tempi di guarigione e quindi

L’eczema delle casalinghe - Diagnosi & Terapia, 2018, n.2, p.46-49

Le mani costituiscono un elemento cardine della bellezza, soprattutto femminile, ed uno degli elementi del corpo che si notano per primi, per cui il loro mantenimento in ottimo stato è fondamentale nella vita di relazione e nel mantenimento della propria autostima. Il contatto con una mano morbida e ben curata, che oltretutto trasmette un senso di pulizia e di cura di sé, certamente predispone meglio all’accoglienza del/la nuovo/a venuto/a; al contrario, una mano secca, grinzosa, ruvida, screpolata trasmette sensazioni tattili sgradevoli che possono in alcuni casi indurre addirittura un senso di repulsione, di rifiuto.

Esse però sono anche una delle parti del corpo più facilmente deteriorabili in quanto esposta alle aggressioni chimiche e fisiche ed ai fattori climatici. E’ questo il motivo per cui una delle categorie di lavoratori a più alta incidenza di dermatite da contatto di natura irritativa (DIC) o allergica (DAC) delle mani è rappresentata dalle casalinghe. Soprattutto in questa categoria di lavoratrici la DAC è una patologia sicuramente invalidante per cui meriterebbe il riconosciuto quale malattia professionale (con tutte le logiche conseguenze assistenziali e pensionistiche). 

DIC e DAC nelle casalinghe si manifestano preferibilmente in inverno. Infatti, se è vero che in estate la sudorazione facilita l’assorbimento delle sostanze allergizzanti da contatto, in inverno il freddo ed il vento, sommandosi all’azione irritativa dei detersivi e degli altri aggressivi chimici comunemente utilizzati nei lavori domestici, nonché al caldo delle abitazioni spesso surriscaldate, inducono facilmente uno stato di secchezza e la comparsa di fessurazioni (ragadi) che permettono una maggiore penetrazione di materiale allergizzante. 

In caso di sospetta DAC la diagnosi si basa sull’osservazione clinica (eccezionale il ricorso al prelievo bioptico), mentre solo la tecnica dei Patch-test permette di individuare i fattori causali, le sostanze cioè che scatenano la reazione allergica. Poiché per la DAC non c’è possibilità di trattamento desensibilizzante (fatta eccezione per il Nichel, ma con risultati alquanto incerti) e dato che le terapie sia per via generale sia per via locale non sono risolutive, è fondamentale conoscere gli elementi causali per poter effettuare una accurata prevenzione evitando di venire in contatto con tali sostanze (di qui l’utilità dei Patch-test). 

In ambiente domestico numerose sono le sostanze che possono indurre sensibilizzazione e quindi DAC, ma fra tutte predomina con certezza il Nichel, ma cercare di evitare il contatto con materiali contenenti Nichel è estremamente difficile. Infatti il nichel è un elemento chimico (numero atonico 28, simbolo Ni) a distribuzione pressoché ubiquitaria,  presente cioè (ancorché in quantità variabile) in tutti gli organismi animali e vegetali ed in gran parte dei prodotti industriali di uso comune quali: oggetti metallici di abbigliamento e/o da lavoro (orecchini, collane, ganci, bottoni, spille, chiusure lampo, bracciali d’orologio, chiavi, accendini, occhiali, posate ecc.), monete, protesi, coloranti ed arriccianti per ciglia e capelli, detersivi, leghe d’oro, argento ed altri metalli, insetticidi, fungicidi, cere per scarpe, mordenzanti tessili, ceramiche, oli, vernici ad acqua, cuoio conciato, oggetti in cuoio (guanti, marocchino del cappello, scarpe, ecc.). 

L’elevata frequenza della allergia al nichel ha indotto il legislatore a stabilire per legge la quantità di nichel che può essere presente in leghe metalliche, materiali di uso corrente, ecc. Ciò spiega, ad esempio, il motivo per cui i monili in oro (giallo o bianco che sia) prodotti negli ultimi anni, contrariamente all’oro vecchio, necessitano di frequente lucidatura e sono generalmente ben tollerati dai soggetti nichel-sensibilizzati. D’altra parte l’industria da alcuni anni, già prima delle norme legislative, ha iniziato a produrre bigiotteria, strumentario sanitario quale quello destinato agli odontoiatri, pellame, cosmetici, ecc., privi di nichel.

Essendo frequente la presenza contemporanea di Nichel e Cromo (numero atomico 24, simbolo Cr) nello stesso prodotto, sarà necessario stare attenti ad evitare i contatti anche con cemento; oggetti cromati; vernici; inchiostri; resine; matite e penne colorate; soluzioni per fotoincisione, litografia e stampa;sbiancanti; candeggianti; ossidanti; caustici; profumi; antisudorali; fiammiferi; cere per scarpe; porcellane; fiori artificiali; mordenzanti tessili; antiruggine; carta da parati; carta moneta; oli minerali; alcune materie plastiche.

L’assunzione orale e/o la manipolazione di alimenti ricchi di Nichel o che ne cedono in grande quantità può con molta probabilità riaccendere la patologia cutanea. Sarà quindi preferibile evitare l’assunzione di  Arachidi, Aringhe, Asparagi, Birra, Cacao, Carote, Cibi in  scatola, Cioccolato, Cipolle, Crackers, Crostini, Fagioli, Farina di grano integrale, Farina di mais (polenta), Fette biscottate, Focacce, Funghi, Gelato industriale, Lattuga, Lenticchie, Legumi, Lievito artificiale, Mandorle, Margarina, Nocciole, Ostriche, Pera, Piselli, Pomodori, Pop corn, Prugne, Rabarbaro, Riso e farina integrale, Spinaci, Thé, Uva passa, Vino.

In alternativa si possono assumere, in modica quantità: cavolo, cavolfiore, cetrioli, lattuga, caffè, farina OO, frutta (tranne quella citata in precedenza), marmellate, olio di oliva, riso brillato, uova, mentre si possono assumere liberamente: burro, formaggi, latte, yogurt, patate, pollame, tutte le carni, pesce (tranne aringhe ed ostriche).

Tornando al problema prevenzione, è bene ricordare che il nichel non viene eliminato/inattivato dalla cottura, anzi la quantità presente negli alimenti può essere aumentata per estrazione di questo metallo dai recipienti impiegati per la preparazione e/o la cottura. Una valida alternativa è rappresentata dall’utilizzo di pentole in acciaio inox. 

Parte integrante e basilare della prevenzione è costituita dalla protezione delle mani con guanti durante l’attività domestica quali preparare i cibi (pomodoro, aglio, cipolla, limone. pollame, pesce, ecc. , alcuni anche per l’aggressività dei loro succhi), lavare le stoviglie, lucidare i mobili, lavare i pavimenti, ecc., ma anche caricare e scaricare la lavatrice e/o la lavastoviglie (ad evitare il contatto con i detersivi). Per prevenire DIC e DAC e mantenere in buone condizioni le mani è fondamentale ed inderogabile l’utilizzo costante di guanti di puro cotone bianco (ad evitare l’insorgenza di possibili allergie da contatto ai coloranti e/o ai tessuti) lavati a mano con il vecchio sapone di Marsiglia (preferibile evitare i detersivi) su cui indossare guanti in pvc (evitiamo il lattice e/o la gomma per le possibili sensibilizzazioni) durante i lavori domestici che prevedano prolungate immersioni in acqua (specie se molto calda o molto fredda), l’uso di detersivi, sgrassanti, ecc. o la manipolazione di alimenti.  I guanti vanno tenuti in sede per 15-20 minuti, ad evitare eccessiva sudorazione e quindi macerazione delle mani, alternando lavori che prevedono l’impiego di detersivi o altri aggressivi chimici con lavori meno traumatizzanti . 

Queste precauzioni sono fondamentali per tutti, ma assolutamente inderogabili per i soggetti notoriamente allergici. Questi ultimi durante il giorno possono applicare creme barriera resistenti a rapidi lavaggi che formano una sorta di pellicola protettiva.  

Nella fase acuta della dermatite si potranno usare creme cortisoniche, preparati decongestionanti, idratanti, rielasticizzanti, creme barriera, ecc.

Altro elemento importante è la detersione delle mani.  Questa va effettuata con acqua tiepida e sapone a pH lievemente acido (l’alcalinizzazione della cute favorisce l’attecchimento della flora batterica) arricchiti di idratanti e nutrienti da applicare su tutta la superficie della mano (palmo,dorso, spazi interdigitali, margine libero al di sotto dell’unghia, utile anche la rimozione degli anelli durante il lavaggio ad evitare il fermarsi dello sporco al di sotto di questi), massaggiare per circa 20 secondi, quindi risciacquare abbondantemente a rimuovere ogni traccia di sapone. L’ asciugatura, importantissima per mantenimento di una cute setosa,  morbida, liscia, brillante, piacevole al tatto, bella da vedere, deve essere particolarmente accurata utilizzando un panno morbido ed asciutto o asciugamani monouso di carta; il permanere di umidità provoca arrossamento, secchezza o macerazione. I lavaggi troppo frequenti e l’uso di saponi molto aggressivi inducono la comparsa di un senso di stiramento, pizzicore, bruciore, la cute si arrossa e diviene secca, ruvida, anelastica e spesso solcata da spaccature (ragadi) a volte tanto piccole da essere impercettibili ad occhio nudo. Una mano così ridotta, privata del normale film idrolipidico che la protegge, è molto più esposta all’aggressione di batteri, miceti, ecc. e permette una maggiore penetrazione di agenti chimici nocivi ed allergizzanti. Dopo il lavaggio va applicata su tutta la mano, spingendosi sino alla pelle circostante le unghie, una crema idratante per ripristinare il giusto grado di idratazione della cute.

L’uso quotidiano di creme idratanti di buona qualità è fondamentale per il mantenimento in buono stato della cute delle mani: per il giorno la scelta dovrà ricadere su prodotti facilmente assorbibili (ad evitare di avere le mani appiccicose) mentre per la  notte si potranno utilizzare preparazioni più grasse e quindi di più lento assorbimento. Indossare guanti in cotone la notte favorisce l’assorbimento delle sostanze nutrienti. 

   In presenza di mani molto rovinate si può ricorrere all’applicazione di maschere da tenere una mezz’ora, possibilmente avvolte in panno caldo (il calore favorisce l’assorbimento degli idratanti e dei nutrienti), per poi risciacquare con acqua tiepida o al trattamento con gli scrub (a base di acidi della frutta, acido glicoli, ecc. o piccoli granuli che leviga per azione meccanica).  

      In caso di problemi particolari la scelta dovrà essere particolarmente oculata. Così, per le mani arrossate si darà preferenza a preparazioni particolarmente nutrienti ed emollienti contenenti , ad esempio, glicerina, estratto di camomilla, allantoina, ecc.; per le mani secche con ragadi la scelta ricadrà su prodotti leggermente occlusivi (ad evitare l’evaporazione dell’acqua cutanea) contenenti idratanti ed emollienti. Per le mani estremamente rovinate e secche si ricorrerà ad una crema ammorbidente intensiva ricca di vitamine e minerali che ammorbidisce rapidamente la cute e con le quali si potrà effettuare un benefico massaggio.

Ultima notazione: il fumo nuoce fortemente all’eutrofismo della cute delle mani.

Nel corso di DIC e/o di DAC delle mani è possibile osservare un coinvolgimento delle unghie con modificazioni dell’aspetto e/o della consistenza della lamina ungueale, sia per infiammazione della matrice sia per aggressione chimica e/o fisica della lamina ungueale. In tal caso anche le unghie necessitano di un adeguato trattamento per ripristinare o mantenersi in buono stato (Superficie liscia e lucente, colorito roseo, forma a mandorla, spessore uniforme, buona consistenza, margine libero uniformemente arrotondato e compatto). La prima cosa utile da fare costantemente, senza sconti, è indossare i guanti durante i lavori domestici, lavare immediatamente dopo le mani con acqua tiepida e sapone non aggressivi a pH lievemente acido senza eccedere nella lunghezza del lavaggio (l’acqua indebolisce le unghie disidratandole), rimuovere in maniera completa ed accurata lo smalto mediante solventi che non contengono acetone (la permanenza del solvente seccherebbe la lamina ungueale),.

   Per rinforzare e nutrire la cheratina ungueale è utile immergere per qualche minuto le unghie in olio di oliva o limone (usando il succo o introducendo le dita in un mezzo limone) o miscela di entrambi, a mano asciutta. La rimozione delle pellicine intorno all’unghia e la cuticola che ne protegge la base deve essere fatta senza strappare o premere con forza, ad evitare reazioni infiammatorie. Per la cuticola si possono utilizzare creme apposite che ne facilitano la rimozione aiutandosi poi con cotton fioc. 

   Per la limatura è preferibile evitare le limette in ferro (troppo aggressive, tendono a spezzare e sfaldare l’unghia) e limare partendo dai lati verso il centro. Dopo queste operazioni l’unghia va idratata massaggiandola con creme nutrienti. 

   Nella scelta degli smalti evitare l’uso frequente di smalti a rapida essiccazione e, per quelli colorati, può essere utile applicare prima sull’unghia una base protettiva ad evitare di macchiarla.

   Per combattere la fragilità delle unghie è certamente utile una dieta ricca di minerali e vitamine (Vitamina A, biotina, ferro, sali minerali, aminoacidi solforati, ecc.) o integratori alimentari dedicati allo scopo reperibili in farmacia, e massaggiare ogni sera l’unghia con olio di oliva, gel nutrienti o basi rinforzanti. Possibile l’utilizzo di smalti idrosolubili rinforzanti reperibili in farmacia. 

      Una ultima notazione In casi sempre più rari è possibile osservare una dermatite allergica da contatto da smalto e/o prodotti per le unghie localizzati al volto, ed in particolare alle palpebre e/o al collo e/o alle guance. Ciò è dovuto al frequente contatto delle dita, e delle unghie in particolare, con queste superfici.  E’ una evenienza, questa, da tenere ben presente allorché si effettui una ricerca allergologica per dermatiti allergiche del volto apparentemente di inspiegabile origine.

La cute: lo specchio del nostro benessere psico-fisico - Diagnosi & Terapia, 2018,N.4, p.23-30

Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, la cute è lo specchio del nostro benessere psico-fisico. Basti pensare al colorito grigiastro, spento, con la tendenza all’invecchiamento precoce del soggetto depresso (tutti ne conosciamo qualcuno e possiamo quindi facilmente controllare la veridicità di questa affermazione) mentre, di contro, la pelle del soggetto ottimista si presenta chiara e luminosa, distesa, con minori segni di invecchiamento. 

Già queste considerazioni dimostrano che la pelle non è un mero contenitore di “frattaglie”, come per lungo tempo è stata considerata nell’immaginario comune, o barriera passiva tra organi interni ed ambiente esterno. Alla cute viene oggi riconosciuta dignità di organo dotato di numerose importanti funzioni: protezione meccanica, protezione verso agenti chimici e fisici (Radiazioni Ultraviolette, energia elettrica, acidi, alcali, ecc.), funzione secretiva, funzione di assorbimento, funzione immunologica, funzione di termoregolazione. La cute, appare dunque evidente, non può che essere in stretta correlazione con lo stato e la funzionalità degli organi interni e può rappresentare il primo sintomo visibile di patologie non esclusivamente proprie. Il vecchio assioma “non te ne preoccupare, è solo un problema di pelle” appare quanto mai errato, potendo la nostra pelle essere sede di importanti patologie proprie (carcinoma baso o spinocellulare, melanoma, Bowen, Paget, ecc.), patologie cutanee sostenute da patologie di tipo internistico (quali sarcoidosi, Lupus Eritematoso Sistemico, ecc.), metastasi cutanee di tumori di organi interni (da carcinoma parotideo, carcinoma gastrico, ecc.). 

Pertanto, l’attenta ispezione della cute e dei suoi annessi, delle mucose, delle paramucose e della loro funzionalità può permettere di riconoscere precocemente patologie apparentemente non strettamente ad essa connesse. Discutere di tutte le possibili estrinsecazioni cutanee è impossibile in un breve articolo giornalistico, per cui cercheremo di parlare delle più frequenti. 

Per quanto attiene al prurito ed alle sue problematiche rimandiamo al precedente articolo (D&T, Diagnosi & Terapia, 2017, n.3, pag. 10-13), mentre qui esamineremo alcune delle patologie dermatologiche che più frequente possono essere causate o essere spia di patologie di tipo internistico. Ciò comporta l’obbligo da parte del dermatologo della ricerca di ogni possibile patologia di sostegno o di accompagnamento del caso in esame attraverso adeguate indagini ematochimiche e strumentali.

L’Eritema nodoso (patologia caratterizzata da gonfiori cutanei piuttosto duri, intensamente dolenti spontaneamente ed al contatto, di colorito inizialmente rosso piuttosto cianotico che presenta una evoluzione simile  a quella dell’ecchimosi,  associati a febbre anche piuttosto elevata e dolori articolari) può essere sostenuto da: Infezioni da streptococco betaemolitico (in particolare il pyogenes), Infezioni da Yersinia enterocolitica (specie in soggetti al di sopra dei 60 anni), Tubercolosi, Patologie virali quali la mononucleosi infettiva, Malattie sistemiche (es.: sarcoidosi), Malattie autoimmuni (es.: artrite reumatoide), Malattie infiammatorie intestinali (es.: colite ulcerosa, malattia di Crohn), linfoma di Hodgkin, ma anche reazione a farmaci quali: contraccettivi orali, sulfamidici, ecc.

L’Orticaria (contrariamente a quanto comunemente ritenuto è una patologia di natura allergica solo in 1/5 casi) può rappresentare la prima manifestazione osservabile in una vasta gamma di patologie quanto mai diverse quali Lupus Eritematoso Sistemico (LES), Artrite reumatoide, Carcinoma gastrico, Gastrite da Helicobacter Pylori, varie forme di Parassitosi intestinali , ma anche Vaginite da candida, Empiema colecistico, Calcolosi colecistica, Tonsillite criptica, Tiroidite autoimmune, Granuloma apicale o anche essere espressione di pulsioni emotive represse (Psicosomatosi). Tra le cause di orticaria allergica non va dimenticata la forma post-coitale da allergia allo sperma nelle sue diverse componenti, da non confondere con il rifiuto del rapporto sessuale in sé o del partener in particolare. Anche in questo caso, a volte, la reazione allergica può manifestarsi in forma di prurito sine materia.

Dita a bacchetta di tamburo (dita ippocratiche), o anche Unghie a vetrino d’orologio, se acquisite, possono essere spia di: Malattie polmonari (carcinoma a grandi cellule, interstiziopatia polmonare, tubercolosi, malattie polmonari suppurative, ascesso polmonare, empiema, bronchiectasia, fibrosi cistica, mesotelioma, ecc.), Malattia cardiache(shunt con ipossia cronica, cardiopatia congenita cianogena, endocardite batterica subacuta, mixoma atriale, ecc.); Malattie gastrointestinali ed epatobiliari (sindrome da malassorbimento, malattia di Crohn, rettocolite ulcerosa, cirrosi biliare primitiva, sindrome epato-polmonare, poliposi intestinale, carcinoma esofageo, ecc.). In soggetti soprattutto di origine africana si può osservare una forma familiare di pseudo dita a bacchetta di tamburo. 

Il riscontro Sclere blu (manifestazione ereditaria riscontrabile specialmente nei bambini

appena nati o nei primi anni di vita, dovuta ad uno scarso sviluppo della sclerotica che, essendo 

meno spessa, lascia trasparire l’uvea sottostante intensamente vascolarizzata) impone la ricerca di malattie di origine genetica, spesso implicanti difetti del collagene quali: Osteogenesi imperfetta, Sindrome di Ehlers-Danlos, ecc.

La comparsa di macchie bianche sulla cute fa troppo spesso porre tout court la diagnosi di Vitiligine o Vitiligo (localizzata, generalizzata, universale, acrofacciale, perinevica). In effetti non tutto ciò che è bianco è Vitiligine, trattandosi a volte di esiti acromici di pregresse patologie quali la Dermatite atopica, la Psoriasi, ecc. Una diagnosi differenziale va anche posta con altre patologie quali: Pitiriasi acromizzante, Nevo leucodermico (nevo bianco), Leucodermia a coriandolo (piccole chiazzette bianche, rotondeggianti, localizzate soprattutto alle gambe, soprattutto in donne in epoca perimenopausale), Lebbra, ecc. La Vitiligine può essere spia della coesistenza di altre patologie soprattutto di tipo autoimmunitario.  Pertanto, una volta confermata la diagnosi di vitiligine, vanno ricercate le possibili patologie associate: Ipotiroidismo, Ipertiroidismo, Insufficienza surrenalica, Anemia perniciosa, Malattia di Addison, Diabete mellito tipo 1, Gastrite atrofica autoimmune, Miastenia gravis, Celiachia, Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, ecc.

Le variazioni di colorito della cute possono presentarsi in forme e tonalità diverse di colore ed essere spia di numerose patologie di tipo internistico e /o genetico quali:

– Melanosi cutanea diffusa (colorito brunastro diffuso): Sclerodermia Sistemica Progressiva, Cirrosi biliare

  primitiva, Porfiria cutanea tarda; 

– Melanosi cutanea in chiazze singola o multipla: Morfea (sclerodermia localizzata); 

– Leucodermia a coriandolo (dorso, avambracci, glutei, cosce): cirrosi biliare primitiva 

– Iperpigmentazione maculare diffusa (con alopecia diffusa ed onicodistrofia, onicoschizia, onicomadesi,

  onicolisi): poliposi gastrointestinale generalizzata (sindrome di Cronkhite-Canada) 

– Eritema palmare (associato o meno a prurito): cirrosi epatica

– Cloasma epatico (maschera biliare: simile al gravidico, si localizza in sede periorale e perioculare): cirrosi

  biliare

-Iperpigmentazione maculare del prepuzio e del glande (se associata a macrocefalia, facies inusuale,

 anomalie scheletriche): Sindrome Ruvalcaba-Myre-Smith (quindi possibile poliposi intestinale); ma può

 anche essere dovuta ad esiti pigmentati di pregressi processi infiammatori ripetuti 

-Eritema violaceo del volto (con edema orbitario, poichilodermia, vampate di rossore, dolori addominali,

  diarrea, tachicardia): sindrome carcinoide

-Xantomatosi (eruzione di chiazze giallastre lievemente infiltrate, da accumulo di lipidi al volto,

 tronco, estremità): cirrosi biliare.

La comparsa di lesioni ulcerative, una volta esclusa la natura post-traumatica accidentale e/o il decubito, devono indirizzare verso l’individuazione di patologie cardiocircolatorie, patologie dismetaboliche, leucopenia, ipoalbuminemia, ipoproteinemia, malnutrizione.  Si calcola che il 70% dei pazienti con piaghe da decubito ed il 55% di quelli a rischio di svilupparle presentano un quadro di malnutrizione. La gravità delle lesioni ulcerative è correlabile all’entità del deficit nutrizionale. Questi può essere causato da ridotto apporto di alimentare, cattivo assorbimento o aumentata richiesta. In età senile spesso si ha una riduzione del senso della fame ed un aumento del senso di sazietà, caratteristiche proprie di questa fase della vita. Questi elementi, associati alla riduzione /perdita dell’olfatto e del gusto fine, contribuiscono in maniera significativa alla perdita di interesse per l’alimentazione determinando la riduzione dell’apporto alimentare, la riduzione del peso corporeo e l’insorgenza di un fenomeno troppo spesso misdiagnosticato e/o trascurato: l’Anoressia Senile. Da non dimenticare poi che fattori neuropsichiatrici come la solitudine e la depressione riducono, spesso in maniera determinante, l’interesse per la nutrizione che viene quindi trascurata. 48 ore di digiuno sono sufficienti per determinare la comparsa di piaghe da decubito non dovute allo stare a letto, ma alla malnutrizione e alla mancanza del corretto apporto proteico. L’innalzamento della soglia di percezione, poi, può portare ad una eccessiva introduzione di sale e di zucchero.

Nel valutare la diminuzione spiccata del gusto (Ageusia da:  privativo + γευσισ = gusto) non va dimenticato che essa può essere congenita o acquisita. Se acquisita può dipendere da una lesione dei nervi gustativo glossofaringeo e linguale o da una alterazione dell’olfatto (e quindi anche questa componente è da valutare). Possono essere causa di alterazioni del gusto, indipendentemente dall’età, Processi tossi-infettivi locali e/o generali (influenza, broncopneumopatie), Malattie neurologiche o psichiatriche 

Il melanoma. La regola dell’A-B-C-D-E - Diagnosi & Terapia, 2018, N.7, p.43-45

Il Melanoma è il tumore maligno più aggressivo tra le neoplasie cutanee. Esso trae origine dalle cellule melanocitarie e, pertanto, si localizza sulla superficie cutanea nell’85% dei casi ma può manifestarsi ovunque siano presenti questi elementi cellulari (occhio, bocca, faringea, vie respiratorie, vulva, vagina, pene, mucosa rettale, letto ungueale, ecc.). Nella donna la localizzazione più frequente è agli arti inferiori, nei maschi al tronco. In rapido aumento nei caucasici (+4,4%/anno nei maschi, +3%/anno nelle donne), soprattutto tra i giovani, è terzo tumore per frequenza al di sotto dei 50 anni in entrambi i sessi. Il rischio di sviluppare un melanoma se nel 1935 era di 1 su 1500 nati, nel 2017 è di 1 su 63 nei maschi ed 1 su 81 nelle donne. Secondo i dati Airtum (2017) in Italia si hanno 2.000 decessi all’anno per questa neoplasia. Si calcola che nel 2017 vi siano stati in Italia circa 14.000 nuovi casi (200 in Sardegna, 500 in Liguria, 1300 in Emilia-Romagna, 1000 in Campania, ecc.). Il melanoma può insorgere a qualsiasi età ma è molto raro prima dei 15 anni (la maggiore frequenza si ha tra i 40 e i 50 anni); più che eccezionale la sua presenza alla nascita per passaggio transplacentare delle cellule neoplasiche. È il tumore più frequente nelle donne fra i 25 e i 29 a. ed è secondo dopo il cancro della mammella nelle donne fra i 30 e i 35 a. Può colpire entrambi i sessi ma è leggermente più frequente nel sesso femminile. Il tumore sorge nel 70% dei casi su cute sana e nel restante 30% su un precedente neo. Causa primaria della sua insorgenza è l’esposizione alle radiazioni ultraviolette (RUV), soprattutto se brevi ma intense e ripetute. Altro elemento importante è il mantenimento dell’abbronzatura estiva mediante solarium in inverno.

Fattori di rischio per lo sviluppo di un melanoma

• Cute chiara, occhi verdi, capelli rossi

• Provenienza geografica

• Eccessiva esposizione solare in età infantile

• Ustioni solari (frequenti) in età infantile

• Esposizioni brevi, intense e ripetute nel tempo alla luce solare

• Abbronzatura artificiale

• Numero elevato di nei

• Nei congeniti (soprattutto di grandi dimensioni)

• Storia familiare di melanoma (almeno 2 casi)

• Precedenti personali di melanoma

• Fattori ormonali

• Contraccettivi orali

Clinicamente la neoplasia può presentarsi in forma di Melanoma nodulare (il più aggressivo), Melanoma a diffusione superficiale, Lentigo maligna melanoma, Melanoma acrale  (melanoma delle estremità), Melanoma amelanotico  (privo, cioè, della colorazione nerastra).

Il Melanoma nodulare è così definito poiché si presenta come un nodulo di forma, dimensioni e di spessore molto variabili sino a molti centimetri di diametro e /o di spessore, con bordi irregolari e male definibili, a crescita prevalentemente verticale, approfondendosi nello spessore della cute, generalmente di colore dal nerastro al nero piceo (nero molto intenso), può presentare una superficie con varie tonalità di colore. Il Melanoma a diffusione superficiale  tende a crescere più in larghezza che in profondità. Il Melanoma amelanotico  è meno facilmente diagnosticabile proprio per l’assenza di colore.

La lesione melanomatosa può ulcerarsi, sanguinare ricoprendosi di una crosta nerastra, provocare prurito piuttosto persistente. Una lesione pigmentata che presenti una simile evoluzione deve essere immediatamente sottoposta alla visita dello specialista.

Il melanoma è una neoplasia che può facilmente e rapidamente dare metastasi (cioè nuove manifestazioni del tumore praticamente in qualsiasi parte del corpo) per via sia ematica sia linfatica soprattutto entro i 2-3 anni dall’asportazione. Di qui la necessità di esaminare le stazioni linfonodali drenanti il distretto cutaneo interessato dal tumore, al fine di rilevare l’eventuale interessamento dei linfonodi.

Più ci si allontana dal momento dell’asportazione minori sono le probabilità che compaiano metastasi, anche se in realtà possono manifestarsi anche oltre i fatidici 10 anni (anche per esperienze personali). E’ pertanto fondamentale non stancarsi mai nell’effettuare i controlli suggeriti dal proprio dermatologo di fiducia. Chi ha sofferto di melanoma può averne con una certa facilità anche altri.

Tra le situazioni particolari dobbiamo ricordare:

 Il Melanoma familiare (melanoma ereditario) in Italia non è molto frequente. Si può parlare di melanoma ereditario quando vi è più di un familiare consanguineo ad esserne colpito (almeno 2) e/o vi sono parenti di I-II grado affetti da neoplasie correlate quali il tumore del pancreas. Il melanoma familiare può anche saltare una generazione.

  Il Melanoma in gravidanza  rappresenta l’8% di tutti i tumori diagnosticati in questa fase. Esso  più spesso deriva dalla trasformazione di un neo preesistente. Ad evitare falsi allarmismi è da ricordare che in gravidanza i nei tendono a rendersi più evidenti modificando in qualche modo soprattutto il loro colorito, che tende ad oscurirsi. Comunque il controllo clinico/dermatoscopico è d’obbligo. Consigliabile l’attesa di almeno 2 anni dopo l’asportazione di un melanoma prima di intraprendere una gravidanza dato che, come abbiamo detto, questo è il periodo di maggiore rischio di recidive e/o metastasi della malattia

 Melanoma infantile: molto raro prima dei 15 anni. Possibile, ma eccezionale, la trasmissione transplacentare di cellule del melanoma al feto, con presenza di un melanoma già alla nascita.

Nel melanoma primitivo il trattamento di elezione è attualmente l’asportazione chirurgica, cui eventualmente fare seguire chemio e/o radio e/o immunoterapia.

Con l’ausilio dell’ecografia cutanea oggi è possibile conoscere con buona precisione lo spessore della lesione già in vivo (anche per esperienze personali), e quindi programmare con maggiore precisione l’intervento.

La precocità della diagnosi, e quindi dell’asportazione chirurgica del melanoma, è fondamentale! Infatti, l’asportazione del melanoma nelle fasi più iniziali (tecnicamente si definisce “in situ”) garantisce la guarigione nel 100%, dei casi, mentre le possibilità di sopravvivenza a 5 anni dipendono soprattutto dallo spessore del melanoma, dalla eventuale presenza di linfonodi presenti nella stazione linfonodale di drenaggio e dal loro numero. A spessore maggiore ed a numero maggiore di linfonodi corrisponde minore probabilità di sopravvivenza a 5-10 anni. Deve qui essere comunque sottolineato che il tempo di sopravvivenza è determinato dal tipo di melanoma e dalle capacità di difesa immunologica del soggetto. Ogni melanoma è un caso a sé.

Elementi di allerta che impongono l’immediato controllo da parte dello specialista dermatologo di un neo preesistente

Regola dell’A-B-C-D-E

A= Asimmetria: un neo di forma e distribuzione del colore regolari diviene asimmetrico per forma

      e/o distribuzione del colore

B= Bordi: i bordi della lesione che prima erano ben delimitati e piuttosto netti in uno o più punti si

      sfrangiano e divengono male delimitabili

C= Colore: il neo cambia colore e/o assume più di un colore (nero in diverse gradazioni-marrone-

      rossastro-bruno-bluastro)

D= Dimensione: il neo aumenta di diametro e/o cresce in spessore

E= Evoluzione:

Oltre questi elementi, da non sottovalutare sono: comparsa in superficie di erosione, ulcerazione, sanguinamento, croste, ecc.; insorgenza di prurito, bruciore, dolore in sede di lesione; variazione della durezza della lesione sia in aumento sia in diminuzione; cambiamenti nella cute circostante, quali arrossamento, rammollimento, comparsa di lesioni pigmentate in prossimità ma non in collegamento con la lesione

Il riscontro anche di una sola di queste variazioni, o di una nuova lesione (specie in soggetto adulto) che aumenta progressivamente e piuttosto rapidamente di dimensione e/o di spessore, richiede un controllo specialistico immediato, meglio se con l’aiuto del dermatoscopio sia manuale sia digitale, che deve essere assolutamente esteso a tutta la superficie corporea senza remore e senza falsi pudori giacché, come abbiamo già detto, il melanoma può insorgere anche in sede anale e genitale. Le statistiche ci dicono che il dermatologo medio-bravo diagnostica alla semplice osservazione clinica 6-7 melanomi su dieci, ma questa percentuale sale notevolmente con l’uso del dermatoscopio in mani esperte (tecnica dell’epiluminescenza).

Con l’affinarsi delle conoscenze e il miglioramento delle biotecnologie si è pervenuti ad una diagnosi sempre più precoce del tumore e ciò, associato ai progressi in campo terapeutico, ha portato ad una sopravvivenza media a 5 anni, in Italia, pari a circa l’87% (nel 1940 era solo del 40%). Precocità dell’intervento, spessore della lesione ed il numero di linfonodi eventualmente interessati sono elementi fondamentali nel determinare l’indice di sopravvivenza: a maggiore spessore generalmente corrisponde minore probabilità di sopravvivenza a 5 e a 10 anni.

Il rischio di metastasi e/o recidive dopo l’asportazione di un melanoma richiede il costante autocontrollo della propria superficie cutanea e l’adesione precisa e costante del paziente allo schema di controlli periodici prescritti dallo specialista, poiché anche in questo caso la precocità dell’intervento è fondamentale. Per le forme metastatiche, oltre le terapie tradizionali (chirurgia, chemio, radioterapia, immunoterapia), oggi si comincia a disporre di farmaci capaci di colpire specificatamente i bersagli molecolari propri delle cellule tumorali e farmaci immunostimolanti capaci di potenziare le difese immunitarie del paziente. Recenti ricerche vanno individuando biomarcatori predittori delle capacità del singolo melanoma di dare metastasi e quindi delle possibilità di sopravvivenza. Il futuro relativamente prossimo è di farmaci diretti contro il melanoma in generale, ma mirati a colpire i bersagli molecolari specifici insiti e caratteristici di ogni singolo melanoma e delle sue metastasi.

Prurito senile. In cosa consiste e come affrontarlo - Diagnosi & Terapia, 2017, N.3, p.10-13

Il prurito è definibile come una fastidiosissima sensazione soggettiva che induce al trattamento o alla confricazione. In quanto sensazione soggettiva, non vi è apparecchiatura biomedicale in grado di valutarne intensità, durata, tipo, in maniera oggettiva. Vissuto secondo la sensibilità individuale, può alterare in maniera anche drammatica la qualità della vita del soggetto colpito (ma, di riflesso, anche quella di tutto l’ambito familiare). 

   L’insorgenza del prurito è un evento molto frequente in entrambi i sessi ed in ogni fase della vita, dall’epoca neonatale all’età più avanzata (prurito senile), ma la sua frequenza e distribuzione per fasce di sesso e/o età non è statisticamente valutabile poiché troppo spesso sottovalutato dal paziente e quindi trascurato, automedicato, trattato dal farmacista, dal medico di base, da qualsiasi altro specialista, sfuggendo così all’osservazione dermatologica e ad ogni tipo di indagine statistica.

   Diverse sono le varietà cliniche del prurito: prurito sine materia, prurito senile, prurito acquagenico, prurito psicogeno, prurito patofobico, prurito venereofobico, malattia di Ekbom. In tutti questi casi la sensazione soggettiva può essere di tipo puntorio o urente; l’andamento può essere acuto, accessionale, continuo, cronico, cronico ricorrente; la localizzazione può aversi su tutta la superficie corporea o limitarsi ad un singolo distretto cutaneo (volto, capillizio, genitali, ecc.); le fasi di acuzie o di riacutizzazione possono essere indotte da assunzione di cibi o bevande calde e/o piccanti, alte temperature, stress emozionali, assunzione di farmaci (eritromicina, aspirina, fenotiazine, steroidi anabolizzanti, ecc.), alimenti quali cioccolata, pere, mele, albume d’uovo, latte, ecc. (per reazione allergica o pseudoallergica), abbigliamento incongruo (lana, fibre sintetiche, ecc.). 

   In tutte le sue varianti cliniche, e quindi anche nella forma senile, il prurito può essere il primo sintomo di patologie cutanee e/o sistemiche (alcune delle quali particolarmente frequenti in età senile) non ancora manifestatesi in maniera eclatante quali: diabete mellito, amiloidosi, anemia sideropenica, dermatite atopica, scabbia, pediculosi, linfoma di Hodgkin, ipo o ipertiroidismo, policitemia vera, sensibilizzazioni allergiche, neoplasie di vario tipo, parassitosi intestinale, ecc., o anche patologie di tipo psicologico o psichiatrico o, molto più semplicemente, dovuto al tipo di cute (cute seborroica, ad esempio) o allo stato di gravidanza. Il riconoscimento di queste situazioni è determinante nella scelta della strategia terapeutica.

   Da quanto detto appare quindi del tutto ingiustificato, in particolare nel soggetto anziano, l’approccio terapeutico spesso effettuato in maniera semplicistica prescrivendo antistaminici e/o cortisonici per via generale e/o locale tout court, in assenza di una accurata indagine anamnestica e di indagini bioumorali e strumentali atte ad individuare l’eventuale patologia sottostante.

   Per quanto riguarda il “ Prurito Senile” va chiarito che tale diagnosi può essere applicata solo al soggetto in età avanzata che si gratti in assenza di patologie cutanee e/o sistemiche (un soggetto anziano diabetico non ha dunque un prurito senile ma un prurito diabetico, se soffre di carcinoma gastrico avrà un prurito paraneoplastico non un prurito senile!) e non presenti squilibri elettrolitici, carenze nutrizionali, anoressia senile. Quest’ultima troppo spesso misdiagnosticata e/o sottovalutata.  

   Il vero “ prurito senile” è provocato dallo stato della cute che in questa epoca della vita si presenta grinzosa, diselastica, ruvida, finemente desquamante, secca, sottile, pallida, disidratata (povera d’acqua) e alipica (povera di sebo per riduzione quali-quantitativa dell’attività delle ghiandole sebacee; negli uomini ciò avviene in maniera graduale dopo i 70 anni, nelle donne in maniera brusca dopo i 50).  A volte, per controllare il prurito senile anche feroce, basta la semplice applicazione di un olio (olio di vaselina, olio di mandorle dolci o anche quello da cucina), fornendo quindi alla cute un po’ di quei lipidi che fisiologicamente le mancano. Ma per migliorare (e nei limiti del possibile ripristinare) lo stato di eutrofismo cutaneo, e quindi controllare il prurito, è necessario procedere in maniera più razionale e meno estemporanea. La prima tappa, e spesso l’unica e fondamentale, per ottenere il risultato voluto è intervenire sulle modalità di detersione cutanea, a cui fare seguire l’applicazione di prodotti reidratanti, nutrienti, elasticizzanti e l’assunzione di integratori alimentari  che mantengano ed amplifichino i risultati ottenuti già con la semplice detersione.

   La detersione, in particolare nel soggetto anziano, non deve essere intesa come semplice e banale rimozione dello sporco dalla superficie corporea, ma come vero e proprio intervento terapeutico. Nell’affrontare il problema della detersione cutanea bisogna partire dalla considerazione che già l’acqua di per sé, e quella calda in particolare, asporta in circa l’80% dei lipidi di superficie della cute mentre i detergenti asportano soprattutto i lipidi intercorneocitari con danneggiamento delle membrane cellulari ed aumento della perspiratio insensibilis (l’evaporazione acquea transcutanea). Il risultato di una detersione mal fatta, soprattutto nel soggetto anziano, non può dunque essere altro che l’accentuazione della secchezza cutanea e, conseguentemente, l’aumento del prurito. Da quanto detto si evince che sarà preferibile praticare una rapida doccia con acqua non troppo calda piuttosto che un prolungato bagno in vasca, utilizzando per la detersione prodotti non troppo aggressivi e preferendo le forme liquide (personalmente le preferisco alle forme in saponetta), gli olii o le creme detergenti, poiché meno irritanti. In esse, inoltre, è più facile incorporare idratanti, umettanti, ecc. per limitare la secchezza ed il senso di stiramento della cute, conseguente alla detersione. Tutto ciò è più facile da ottenersi con i syndet (essenzialmente miscela bilanciata di tensioattivi e additivi; in acqua mantengono il pH iniziale) rispetto al sapone naturale (sale sodico o potassico di acidi grassi insaturi; una volta disciolti in acqua si osserva il viraggio del pH verso l’alcalinità, e ciò anche nel caso del così detto sapone neutro). Il problema del mantenimento pH su valori moderatamente acidi è importante giacché l’alcalinizzazione provocata dai normali saponi può indurre nuovi danni alla cute, tra cui favorire l’attecchimento di flora microbica patogena. Per inciso, vale qui ricordare che nei moderni prodotti per l’igiene potere detergente e potere schiumogeno non sono strettamente correlati, dipendendo la schiumosità dal tipo di tensioattivi utilizzati: il prodotto che produce più schiuma non è detto che abbia maggiore potere detergente. 

      Dopo la detersione, e nei giorni eventualmente intervallari tra una doccia/bagno e l’altro, bisogna ridare alla cute i lipidi persi con essa e che, soprattutto la cute senile, non ha già di per sé, applicando creme/latti/mousse idratanti contenenti prodotti quali collagene, acido ialuronico, urea, glutammato di sodio, ecc. o cold cream, olii, mentolo, ecc., stando però attenti a non provocare allergie da contatto. Da notare che il mentolo, che notoriamente provoca una sensazione di freschezza sulla pelle, può provocare crisi anche violente di orticaria nei soggetti che soffrano di orticaria a frigore (orticaria da freddo). Buona norma è evitare i prodotti alcoolici quali profumi o dopobarba, che accentuano la disidratazione cutanea, e l’applicazione locale di prodotti contenenti antistaminici o anestetici per il rischio di allergie o, in estate, di fotoallergie. Trattamenti alternativi possono essere rappresentati da prodotti a base di capsaicina, antagonisti degli oppioidi, alfaidrossiacidi.

   Un qualche ausilio allo stato nutrizionale della cute dell’anziano, e quindi al controllo del prurito, può derivare dall’assunzione di integratori alimentari ricchi di vitamine ed anti radicali liberi (ma senza eccedere e  consigliandosi con il proprio dermatologo).

   Circa i cortisonici per applicazione locale va detto che, pur essendo possibile un loro prudente utilizzo, essi sono molto spesso inutili giacché i trattamenti già citati possono ottenere i risultati desiderati senza il rischio di effetti collaterali da steroidi quali assottigliamento della cute, smagliature cutanee, ecc. 

   La somministrazione di antistaminici, cortisonici, ecc. e/o la terapia locale potranno solo cooperare a tenere sotto controllo il sintomo prurito ma non risolvere alla base il problema. 

   Un aspetto, in fine, da non ignorare o sottovalutare nell’affrontare il problema del prurito senile è la sua possibile origine psicosomatica, spia cioè di un malessere interiore dell’anziano che deve essere adeguatamente affrontato nelle sedi opportune e dal personale competente. Infatti, la perdita del ruolo sociale (in particolare dopo il pensionamento o la perdita del posto di lavoro), l’isolamento sociale la solitudine per la perdita del coniuge e/o la lontananza e l’abbandono (reale o presunto che sia) da parte dei figli troppo assorbiti dalla propria quotidianità (sindrome del nido vuoto), la riduzione sino alla perdita della propria autonomia fisica, l’ossessiva ripetizione  dai e sui mass media “… i giovano devono lavorare per pagare la pensione ai vecchi…” (ma loro la pensione se la sono pagata con anni e anni di contributi !), portano l’anziano a sentirsi un essere inutile, un peso per la società, un reietto. Di qui la facile insorgenza di uno stato depressivo che può sfociare, associato ai citati cambiamenti della cute senile, all’acuirsi della sensazione pruriginosa ed al grattamento anche feroce: autococcolamento, autopunizione della propria inutilità o di pregressi “scheletri nell’armadio”, o anche una ricerca spasmodica di attenzione, di ritorno al centro della scena. In tal caso solo l’intervento della famiglia e/o dello psicologo potrà portare a soluzione; la terapia somministrata (qualunque essa sia) potrà almeno lenire il senso di isolamento e di abbandono, in quanto espressione, comunque, di attenzione prestata alla sua persona.

   In alcuni casi, in fine, il grattamento può assumere il ruolo di masturbazione vicaria (il vecchio che si masturba o cerca appagamento sessuale è solo un vecchio sporcaccione, secondo una vecchia e stantia accezione comune che fortunatamente inizia ad essere superata), ricordando che la cute è una zona erogena per eccellenza. L’appagamento di tali pulsioni, naturali e del tutto fisiologiche, è l’unica terapia possibile in tali casi.

Call Now ButtonCHIAMA ORA
Doctolib
Prenota un appuntamento onlineVai qui